Oggi ricorre il secondo anniversario della tragedia del Ponte Morandi. Il 14 agosto 2018, col cedimento del viadotto sul Polcevera, perdevano la vita 43 persone. Dopo due anni tanta sofferenza nonostante la recente inaugurazione del nuovo Ponte di Genova. Restano i tanti dubbi sulle cause del crollo, poco chiare e forse nascoste da interessi politici ed economici.

Danilo Toninelli, oggi senatore 5 Stelle e due anni fa ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha ripercorso ad Un giorno Speciale i momenti di sofferenza e di rinascita che ha portato quella tragedia. Ha contestato il vecchio mondo che gestiva i contratti di concessioni tra Stato e privati, lanciando delle frecciate ai suoi avversari del tempo che gli contestavano un Decreto che ora ha cambiato le cose.

“I piedi li avevano loro al posto del cervello”

“La tragedia del Ponte Morandi è stata umanamente molto difficile, ero ministro da poche settimane e iniziavo a capire quanto fosse debole il Ministero dei trasporti nei confronti di un certo mondo che gestiva la cosa pubblica. Ho interiorizzato tantissimo questa tragedia e questa sofferenza di Genova e dei familiari delle vittime e di tutta Italia.

Dal punto di vista operativo questa empatia è stata una cosa positiva, perché sentirla e interiorizzarla mi ha permesso di impostare con tutte le forze del Ministero e la mia forza politica la base per la ricostruzione e la ripartenza. E penso che ce l’abbiamo fatta col nuovo ponte, che però non ci permetterà mai di dimenticare. L’interiorizzazione ci ha permesso di stare vicino a Genova e di farla rinascere, perché Genova ha dimostrato di essere una grandissima comunità.

Quando io credo profondamente in una cosa, in una battaglia, la porto avanti senza pensare a quello che ho intorno, agli attacchi. Io l’ho fatto scrivendo il Decreto Genova, stando vicino agli sfollati. Oggi la sofferenza è ancora enorme ma politicamente nella nostra azione tutti gli sfollati pochi mesi dopo hanno ricevuto una nuova casa, la viabilità e la portualità di Genova hanno avuto tante risorse. Non è stato facile perché i vari Toti e i vari Salvini mi dicevano che il decreto era scritto con i piedi. Altroché! Dopo 15 mesi di lavoro abbiamo avuto un nuovo ponte. I piedi li avevano loro al posto del cervello”.

“Attenzione ora avete di fronte una persona che rappresenta lo Stato e non lascia passare niente”

Con me l’approccio era completamente cambiato: quando entravano nei miei uffici gli amministratori delegati delle tante concessionarie che abbiamo, una frase che ripetevo loro era: ‘Attenzione ora avete di fronte una persona che rappresenta lo Stato e non lascia passare niente, qualsiasi inadempimento verrà registrato e una somma di inadempimenti porterà alla revoca, ricordatevi che qua non ci sarà nessuna proroga, perché le concessioni sono state date gratis per decenni, poi non finiscono mai e ci sono concessioni scadute 6-7 anni fa che per connivenza e collusione politica vanno avanti senza mai finire’.

Nel 2020 non sono scattati gli aumenti nelle autostrade, perché anche se potevano farlo gli ho detto: ‘Al primo sgarro che fate io vi vengo addosso e vi revoco o intervengo con delle sanzioni’, le sanzioni le abbiamo messe anche nel Decreto Genova. Era cambiato il paradigma di questo sistema di concessioni e politica, e finanziamenti. Il fine era l’interesse pubblico, con l’interesse privato, legittimissimo che non deve trasformarsi in un abuso dell’utilizzo della cosa pubblica.

C’era una diminuzione costante della manutenzione con un aumento costante dei pedaggi e degli utili. Avendo desecretato dopo anni di segretezza dei contratti che lo Stato dava a questi concessionari, attraverso i tecnici che mi affiancavano abbiamo visto che avevano un margine operativo lordo di circa il 65%. Nessuno ha dei guadagni così alti. Tutto legittimamente, con dei contratti secretati. Facevo fatica io da ministro a recuperarli. Poi il 16-17 di agosto si è capito perché li celavano, utilizzando qualcosa come monopolio. Questo significa che uno Stato serio tutela l’interesse pubblico, dà in concessione ma obbligando a gestire bene un autostrada, con dei margini di guadagno giusti, con altrettanti guadagni per gli utenti della strada, cioè qualità e sicurezza che non c’erano più”.

“Sono arrabbiato: questa norma non è stata ancora inserita nei contratti”

Il Decreto Genova conteneva una norma: prima accadeva che il concessionario metteva nel contratto con lo Stato un lavoro (un ponte per 1 miliardo di euro), non lo costruiva mai ma aumentavano il pedaggio. Nel decreto abbiamo messo lavori di manutenzione e altre cose che se non le fai per tempo non solo non aumentano i pedaggi ma paghi le penali. Questi di Aspi (Autostrade per l’Italia) pensano solo al profitto. Con la norma avrebbero diminuito i guadagni ma sarebbero stati obbligati ad aumentare la manutenzione.
Sono arrabbiato che questa norma non è stata ancora inserita nei contratti, la De Micheli non l’ha ancora fatto, la cosa più rivoluzionaria che ci sia.

Se questo dramma ci ha insegnato a non sbagliare più? Dipende dalla politica, la differenza la fanno le persone. Se ti piace un certo sport di faticare poco e guadagnare tanto la vedo difficile. Se scegli di fare l’arbitro, il controllore, prendendo anche un sacco di fischi e calci nel culo, allora cambierà tutto.

Questo governo ha volontà politica, il cambio di paradigma significa non precluderci nulla che sia utile: la cosa più necessaria per il paese è la manutenzione dell’esistente. Manutenere è più utile di creare nuove opere, ovviamente questo non porta tanti voti perché la grande opera nasconde dietro sempre determinate relazioni che avvantaggiano politicamente qualcuno”.

“I cittadini che pagano le tasse chiedono che queste si trasformino in servizi, non in balle”

Sul tunnel dello Stretto: la politica deve avere anche l’umiltà di starsene zitta quando non ha elementi di giudizio. Io costruivo dei team di progettisti, ingegneri, economisti che mi facevano la mitologica analisi tecnico-giuridica di costi-benefici, che mi dicevano se si poteva fare, quanto costava e in quanto tempo. Se questi tre fattori erano positivi allora si iniziava a dibatterne politicamente. Oggi sullo Stretto questo non lo abbiamo, e questo è il modo di affrontare le cose, non dire: ‘si è bella facciamola perché siamo i più fighi’ solo per prendere voti dai cittadini che meritano rispetto, perché prima di essere elettori sono cittadini che pagano le tasse e che chiedono che queste si trasformino in servizi, non in balle. La società Ponte sullo Stretto è nata negli anni 80 e ci è costata alcune centinaia di milioni di euro e non ha fatto nemmeno un centimetro di cantiere. Il premier, oltre a essere un signor Presidente del consiglio e lo sta dimostrando, dice questo: di valutare tecnicamente l’opera, poi ci ragioniamo e la politica deciderà”.

ISCRIVITI AL NOSTRO CANALE YOUTUBE

LEGGI ANCHE: