In sintesi, ecco perché voterò “no” al taglio dei parlamentari:

  1. Depotenziare la politica è il sogno dello strapotere dell’economia. Essa mira a liberarsi in ogni modo dal possibile controllo democratico.
  2. Meno parlamentari ci sono e più sarà facile controllarli per le élites finanziarie.
  3. Se davvero è un problema il costo, allora anziché – supponiamo – dimezzare il numero dei parlamentari, si dimezzi lo stipendio a quelli esistenti.
    Peraltro sembra che non faccia problema il fatto che vi siano consiglieri regionali. Nessuno parla di “taglio dei consiglieri regionali”. Perché tanta enfasi contro il parlamento?
  4. La democrazia ha i suoi costi, è inutile negarlo: se fosse solo una questione di costi, allora ci si troverebbe paradossalmente a dover ritenere preferibile la dittatura!
  5. Se si avvia il processo, esso non conoscerà alcuna fine: si taglieranno 10 parlamentari ora, 15 domani, 20 tra un mese, e alla fine si sarà tagliato il parlamento, sostituito magari da qualche più snello “consiglio d’amministrazione” o da qualche più agile task force di tecnici “super partes”.

Avere contezza della pericolosità del taglio dei parlamentari è un punto fondamentale.
Serve a comprendere quanto già sia debole la nostra democrazia parlamentare e come sicuramente tra le tendenze più evidenti della globalizzazione mercatista vi sia lo scardinamento di quelle forme che abbiamo sperimentato e conosciuto nella modernità, che vanno sotto il nome di democrazie parlamentari.

Le democrazie parlamentari tendono a essere strumenti ormai sempre più deboli nel quadro della globalizzazione verticistica e post-democratica che tende a traslare il centro delle decisioni politiche dai parlamenti nazionali ai consigli d’amministrazione post-nazionali e alle banche centrali e fondi monetari d’investimento.
Del resto, come disse una volta l’euroinomane Junker, “non c’è scelta democratica che possa alcunché contro i trattati europei“. Ossia del vicolo esterno che sta svuotando le democrazie, aggiungiamo noi.

Ecco allora che la vicenda tutta italiana del taglio dei parlamentari chiede di essere letta in una cornice di senso più ampia, che coincide nei suoi tratti essenziali con la guerra alla democrazia in atto.

L’ordine liberista post-1989, nella riorganizzazione del rapporto di forza, nella fine del compromesso tra Stato e mercato, ha dichiarato guerra alla democrazia e al parlamento.
Il taglio dei parlamentari è un momento essenziale di questa guerra – tutta liberista – contro la democrazia.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro


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