C’è una legge di mercato, che presumibilmente vale per tutti – anche se con soglie differenti a seconda dei casi e delle casse – e un mercato che detta legge nei confronti di chi ha maggiore bisogno. Non è un discorso meramente calcistico ma nel calcio questo ragionamento va inteso con una logica esponenziale, oltre che una serie di artifici finanziari, prima fra tutte madama plusvalenza.

Questa la premessa per una chiamata allo spietato – ma non sempre ben spiegato – realismo che deve accompagnare le prospettive dei tifosi romanisti, ai quali nelle stesse ore si dice che Zaniolo è incedibile ma che, al tempo stesso, esiste un suo ipotetico cartellino del prezzo fissato a sessanta milioni. Un discorso simile, che varia solo nelle proporzioni economiche, si fa anche per Lorenzo Pellegrini.

Sempre con la certezza, o quasi, che arriverà l’offerta che non si potrà rifiutare e che addirittura, con certe formule, potrà sistemare anche i bilanci di una eventuale controparte. Senza fare nomi, ma immaginando strisce verticali bianche e nere.

Questo non è un pregiudizio pessimistico; è una statistica, dopo un decennio in cui si son visti, con sistematicità inesorabile, sempre i migliori partire, in ossequio alla filosofia (e alle necessità) del trading; anche nell’estate seguente al raggiungimento di una semifinale di Champions, quando l’ossatura della Roma ancora vantava nomi che si potevano tradurre in ambizioni, non soltanto in velleità di raggiungimento dell’Europa che conta. Peraltro, basterebbe rileggersi le dichiarazioni rilasciate dai vari Nainggolan, Strootman, Pjanic dopo aver salutato Trigoria e dopo un primo periodo trascorso con l’accusa di mercenari. Hanno tutti detto, in sintesi, che la Roma è stata costretta a cederli.

Bisogna aggiungere una considerazione, per inquadrare bene questo decennio romanista: i primi cinque o sei anni sono trascorsi con un sempre elevato numero di cessioni ma con arrivi altrettanto importanti (senza per questo beatificare Walter Sabatini) con una soglia di competitività che in campionato assicurava la piazza d’onore e di conseguenza la frequentazione stabile della Champions; gli anni più recenti hanno invece visto la società giallorossa arrancare nei conti e la squadra arretrare in classifica, risucchiata nel gorgo di quella soglia labile di classifica che divide la certezza di andare in Europa League dalla speranza di arrivare quarti. Una diminutio, nei conti e negli obiettivi sportivi, consequenzialmente.

Questa la tendenza statistica, questi i fatti fino a oggi. Quindi, se non altro per scaramanzia, dire di qualsiasi giocatore che “non si muove” appare irrealistico già nelle premesse, a maggior ragione dopo aver preso atto delle ultime mosse finanziarie di Pallotta per anticipare trenta milioni in modo di far fronte alle spese correnti fino al 30 giugno.

Un realismo crudele, oggi, è meno doloroso da accettare rispetto a una serie di proclami destinati a essere disattesi dai fatti. I tifosi della Roma hanno sempre mostrato di sposare la causa, quale che fosse, ogni volta che la realtà gli è stata raccontata per quella che era. Senza addolcire alcuna pillola, perché il retrogusto sarebbe ancora più amaro.

Paolo Marcacci


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