Insegnami la strada e poi fammela percorrere: lo puoi chiedere al dio che ti ritrovi a pregare, a volte facendo un’eccezione al tuo scetticismo, o a un uomo in carne e ossa che reputi migliore di te. Ognuno di noi trova naturale pensare che lungo la propria strada Alex Zanardi sia diventato il migliore di tutti: a maggior ragione, quando non ha più avuto pedali da schiacciare. Se ci pensiamo, tu che leggi e io che scrivo, ci rendiamo conto che questa è l’unica cosa su cui siamo certamente tutti d’accordo. 

Le cose più straordinarie ha iniziato a farle quando ha smesso di andare a più di trecento all’ora in Formula Uno e a quasi quattrocento in Formula Indy e se fosse soltanto un banale paradosso non saremmo qui col fiato sospeso, non così perlomeno. Il fatto è che lui ci ha insegnato che c’è un pozzo più profondo di quello dove si annidano le insidie, nella vita di un individuo: è quello delle sue risorse, che può trasformare in motivazioni, che a loro volta diventano possibilità. Che lui poi le abbia trasformate in record e medaglie è il dettaglio più trascurabile di tutta la sua storia. Tutto quello che ha compiuto, si potrebbe obiettare, in pochi sarebbero capaci di farlo; anche semplicemente di pensarlo o sperarlo. Proprio per questo, lo ha fatto in nome di tutti noi, donne e uomini come lui; esposti al destino pur senza pilotare una monoposto da corsa; noi che al posto suo ci saremmo disperati e avremmo toccato il fondo dell’abbattimento. Ha incarnato, dato sostanza e sorrisi alle possibilità che la vita riserva pure per quelli fra noi che pensano: “Io non potrei mai farcela”, se non altro perché ha insinuato un dubbio, come uno scherzo ben riuscito alla disperazione. 

Tutto questo niente può portarcelo via: a noi, quando pensiamo a lui; a lui, che lo ha fatto, senza saperlo, in nome e per conto di tutti noi. 

Paolo Marcacci