Perrotta come Oriali. Nel 1982 come nel 2006. Un mediano cuore e polmoni sul tetto del mondo. Nato ad Ashton in Inghilterra ma calabrese doc dall’età di sei anni, cresce calcisticamente prima nella Reggina e poi nel Chievo Verona. Dopo tanta ‘gavetta’ tra Juventus e Bari, la svolta giunge nel Chievo guidato da mister Del Neri. Nel 2004 si materializza il passaggio alla Roma. Nove lunghi anni vissuti in simbiosi con i colori giallorossi.

Alle dipendenze di Luciano Spalletti, Perrotta sperimenta, con lodevoli risultati, anche l’inedito ruolo di trequartista-incursore nel 4-2-3-1 del tecnico toscano. Il punto più glorioso della sua carriera coincide, come accennato in precedenza, con il trionfo nel Mondiale in Germania con Marcello Lippi al timone dell’esercito azzurro. Protagonista di primo piano in tutte le partite del torneo. Dall’esordio con il Ghana fino all’atto conclusivo di Berlino contro la Francia.

L’ex centrocampista è stato l’ospite speciale del consueto appuntamento del venerdì con ‘FoodSport’. Ilario e Francesco Di Giovambattista, insieme ad Enrico Camelio, hanno arricchito il dialogo con domande e tante curiosità.

“Totti e Zidane i più forti, ma i più intelligenti sono…” ► A TU PER TU CON PERROTTA

Il Mondiale del 2006

“Ho giocato tutte le partite del Mondiale 2006 da titolare e sono arrivato all’ultima che ero praticamente cotto. Infatti ho fatto un’ora e poi non ne avevo assolutamente più”.

La quarantena

In questo periodo sono stato in casa per tantissimo tempo. Per il primo mese non sono uscito, poi pian piano… ad un certo punto mia moglie ha detto: esci perché poi dovrai abituarti alla vita sociale. Per cui sono andato a fare la spesa due o tre volte in sessanta giorni. Ma credo che fosse giusto avere un comportamento del genere, non è assolutamente finita, bisogna ancora continuare ad essere responsabili. Vedo che in giro comunque c’è grande responsabilità e questo fa enormemente piacere”.

La statua ad Ashton

Io sono nato in Inghilterra perché mio padre è andato lì per lavoro quando aveva 18 anni. Personalmente sono nato e sono rimasto lì fino a sei anni. Non ho grandissimi ricordi però ogni volta che sono tornato in Inghilterra e sono tornato lì, infatti ho giocato diverse volte a Manchester, sentivo qualcosa di familiare. Un po’ quando si ritorna a casa. Io adesso vivo a Roma e quando ritorno in Calabria sento che quella è casa mia. Non che Roma non lo sia, ma è un rapporto diverso. La stessa cosa mi succede con l’Inghilterra, con Manchester.

Non ho visto ancora la mia statua perché è una storia un po’ particolare. L’hanno fatta senza avvertirmi. Io l’ho saputo un anno dopo perché un amico di mio zio che vive lì ha domandato: ma Simone sa che c’è questa statua nel parco cittadino di Ashton? Mio zio rispose: probabilmente no. A distanza di tredici anni ancora non ci sono andato ma c’è una motivazione. Ho aspettato che i figli fossero in un’età giusta per capire e vorrei portarci tutta la famiglia, compreso i genitori, e non voglio tardare più di tanto perché poi non vorrei avere il rimorso di non averlo fatto. E’ un rapporto bello. Considerate che a tredici anni ho dovuto scegliere se prendere la cittadinanza inglese o italiana, ma non ho mai avuto nessun dubbio”.

Il periodo calabrese

Con la Calabria ho un rapporto molto più forte. Dai sei ai tredici anni ho vissuto nel mio paesino, Cerisano in Provincia di Cosenza, dove ancora conservo ottime amicizie dove ho conosciuto mia moglie. Per cui ogni estate quando ci sono le festività ritorniamo nel nostro paesino ed è casa mia. Lì mi sento Simone, non mi sento Perrotta. Mi hanno fatto sempre sentire un ragazzo che non avesse un lavoro importante”.

Il rapporto col cibo

Cucino, a detta dei miei figli e di mia moglie, una buona carbonara. Mi piace anche fare pasta e piselli. Quando esco preferisco più una trattoria, un qualcosa di più familiare. Io non mangio carne. Mangio il pesce, non sono un vegetariano, mangio le uova. Quando giocavo la mangiavo la carne”.

L’AIC Junior

Io sono anche il responsabile dell’AIC Junior; un progetto finalizzato sulle scuole calcio degli associati ed ex associati dell’AIC. Ho una scuola calcio ad un mio ex compagno di squadra e alleno una squadra Under 16 Provinciale. Ed è una cosa bellissima perché, probabilmente, questi ragazzi non arriveranno mai a giocare in stadi prestigiosi. Però hanno una passione, una voglia di imparare, una voglia di stare insieme che mi riempie di soddisfazione; poter trasferire le emozioni che ho vissuto io a questi adolescenti.

Quando si allena soprattutto in quella fascia di età c’è la responsabilità di farli crescere attraverso i valori dello sport. Se pensiamo che tutto quello che succede in campo resti ancorato al rettangolo di gioco, secondo me facciamo un gravissimo errore. Il calcio è uguale in tutte le categorie. In Serie A o in Terza Categoria l’emozione tua personale è la stessa”.

Il campionato deve riprendere?

Attualmente il problema principale è quello delle partite, dei trasferimenti. Io devo andare a giocare a Bergamo, a Milano, nel centro dei focolai. Bisogna capire in quelle zone come sarà. Poi c’è il tema se mi scoppia un altro caso in squadra. Mi mettono in quarantena? Mettono tutti in quarantena? Ci sono troppe incertezze, non c’è un protocollo preciso da seguire. In questo né gli scienziati né le istituzioni sono state chiare. Si naviga a vista”.

Cosa gli manca dell’essere giocatore?

Io prenderei in una squadra, come allenatore, sia Lippi che Spalletti. Mi sono trovato benissimo sia con l’uno che con l’altro. Due allenatori diversi, ma due grandi allenatori. La preparazione alla gara, lo spogliatoio, l’arrivo allo stadio, il riscaldamento, il riempirsi dello stadio. Sono tutte situazioni che mi piacerebbe rivivere più che una partita. Lo spogliatoio di prima era diverso da quello attuale perché non c’erano le distrazioni tecnologiche, non c’erano i social, i telefonini. I telefonini erano vietati. I momenti insieme si passavano insieme con gli scherzi, analizzando le partite e quello che ci doveva capitare. Parlare di cose profonde ma anche di cose frivole. Ho avuto sempre un ottimo rapporto con tutti e conservo bellissime amicizie”.

Totti, Spalletti e l’A.S. Roma

Il rapporto tra Totti e Spalletti, fino a quando c’ero io, era molto positivo. Non so cosa è successo dopo perché io non giocavo più. Totti è stato leader, un grandissimo giocatore, un grandissimo romanista. Francesco è stato determinante per ogni successo che abbiamo ottenuto. Ho avuto la possibilità di frequentarlo in modo profondo per più di nove anni. Vi posso assicurare che Francesco è una persona eccezionale, di umiltà disarmante che mette il bene comune al proprio. E’ uno di quei giocatori che ti fa la differenza.

Quando sono arrivato a Roma il Presidente Sensi si è ammalato. Quindi non ho avuto un rapporto con il Presidente. Mi ricordo che all’inizio, era nella stanza di Tempestilli, mi disse: tu Perrotta starai qui tanti anni con noi. E’ stata l’unica volta che ho parlato con lui. Ogni tanto veniva nello spogliatoio e ci faceva qualche sgridata”.

Chi sono i giocatori più forti?

I due più forti in assoluto con cui ho giocato sono Zidane e Totti. Ho vissuto Cassano a Bari, a Roma e in Nazionale. E’ esploso a Bari giovanissimo. Si divertiva, non si faceva mancare nulla. Era coinvolgente. Burdisso e Montero sono i giocatori più intelligenti che ho incontrato”.


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