Da oltre due mesi crescono gli interrogativi sul perché alcune zone italiane siano state maggiormente colpite. Tra le numerose ipotesi avanzate di recente è emersa anche un’ipotetica relazione tra inquinamento da polveri sottili e contagi da Coronavirus.

Nasce così il progetto di ricerca Pulvirus, annunciato oggi dai più prestigiosi istituti di ricerca nazionale che vi prenderanno parte: Enea, Istituto Superiore di Sanità, Ispra e Agenzie regionali del sistema nazionale per la protezione dell’ambiente.

Per comprendere nello specifico i dettagli dello studio Stefano Molinari e Luigia Luciani hanno intervistato il direttore dell’Ispra Alessandro Bratti. Ecco cosa ha detto a ‘Lavori in Corso’.

Inquinamento e Coronavirus: suggestioni interessanti

Evidenze scientifiche rispetto a questa questione non ce ne sono. Ci sono delle ipotesi ed è giusto che vadano verificate. Tutto è da vedere, che inquinamento atmosferico e contagi da Coronavirus siano direttamente correlati la trovo un’ipotesi molto azzardata. Sono suggestioni interessanti, ma se fosse vera questa analogia i morti sarebbero molti molti molti di più”.

Progetto Pulvirus

Il nostro progetto, che coinvolge tutti i maggiori enti di ricerca nazionali, va a verificare tante cose. Ci saranno studi che andranno a rigurdare squisitamente la tematica ambientale, studi che indagheranno la provenienza delle polveri sottili e studi per cercare di capire la relazione tra polveri e virus.

Anche la realtà del nord Italia non è così chiara. Io vengo da Ferrara e lì non ci sono gli stessi contagi di Milano nonostante la qualità dell’aria non sia così dissimile.

Tramite l’osservazione satellitare abbiamo visto che nella Pianura Padana l’inquinante proviente dagli scarichi delle macchine, cosiddetto biossido di azoto, ha avuto in questo periodo un calo verticale. A dimostrazione che tutta una serie di sorgenti sono importanti e se si fermano l’aria diventa più pulita”.


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