Se fossi americano, voterei Sanders. Che è sovranista, populista e socialista. E sempre l’ha rivendicato, con enfasi e senza perifrasi edulcoranti. Bernie Sanders in America, come Jean-Luc Mélenchon in Francia, rappresenta la possibilità di un sovranismo populista socialista e non liberista.

In ciò sta la differenza (e la preferibilità) di Sanders rispetto a Donald Trump, che è sovranista populista e liberista. Come altra volta dissi, peggio di Trump poteva esservi solo la Clinton. E infatti, per fortuna, Trump ebbe la meglio. La Clinton rappresenta the worst, il pessimum.

È il liberismo cosmopolita allo stato puro, il peggior volto del capitalismo della openness, che significa in pari tempo apertura dei mercati e delle guerre made in Usa in nome del globalismo senza frontiere. La Clinton, lo sappiamo, fu la candidata ideale del cartello finanziario d’Oltreoceano: era il loro prodotto ideale, come già il marito Bill Clinton. Su di lei puntavano. E ora sono costretti a ripiegare su Trump, cambiando, come usa dire, cavallo in corsa.

Sanders è l’homo novus: non è cosmopolita liberista, come la Clinton; non è liberista sovranista, come Trump. Ha capito che la sola via per porre in essere democrazia e socialismo è l’aurea via del sovranismo populista, la via della sovranità che spetta al popolo, che può esercitarla solo ove la sovranità sia dello Stato nazionale e non del FMI o dei mercati. Questa è la chiave di volta, su cui bene hanno insistito Mouffe e Laclau nei loro scritti sul populismo socialista.

Non può esistere un socialismo che non sia populista, questa è la verità. In ciò sta l’inganno delle sinistre fucsia europee, cosmopolite e demofobiche, proprio come la signora Clinton.

Vero è che Sanders fece un errore e non veniale: nel 2016 finì per appoggiare la Clinton, contro Trump. Non capì, o finse di non capire (o fu costretto a non capire), che il nemico principale era lei, col suo cosmopolitismo che ben rappresenta l’interesse dei mercati liberi dagli impacci della politica e degli Stati. Il capitalismo vuole, infatti, superare la sovranità degli Stati, con cui pure andò a braccetto, per superare eo ipso la possibilità dialettica delle democrazia e dei diritti sociali, che pure lo Stato rese possibile.

Trump è lo Stato sovrano a vantaggio del capitale (Stato pro Israele, contro il pubblico e contro il socialismo, contro Iran e Cuba, ecc.). La Clinton è direttamente il capitale senza maschere e senza mediazioni.

Ecco, Sanders sbagliò ad appoggiare the worst, la Clinton: la battaglia per lo Stato sovrano è giusta, perché è la possibilità del socialismo democratico, che Sanders giustamente cerca di attuare. Ergo, il nemico primissimo è la Clinton. Trump è nemico secondario. L’erramento di Sanders fu di non capirlo. E di appoggiare, in seconda battuta, la Clinton contro Trump. Errore fatale e gravissimo. Che invece non fece Jean-Luc Mélenchon: il quale, sempre osteggiando la Le Pen, mai appoggiò il liberista cosmopolita Macron.

Vedremo ora come andrà a finire. Se Sanders verrà battuto da altri candidati Dem, allora è verosimile che a gareggiare contro Trump sarà un alter ego della Clinton. E, in quel caso, dovremo ripetere il discorso che nel 2016 facemmo per Trump come peggiore di tutti, fuorché della Clinton.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro


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