Si parla molto di imprese in questi giorni, di aziende in crisi, di posti di lavoro: altro aspetto problematico di questo periodo, reso ancor più problematico dal fatto che purtroppo chi fa le leggi non sa nemmeno di cosa stiamo parlando.

Oppure gli economisti, che parlano avendo studiato l’economia sui libri, ma non avendo mai messo piede in un’azienda o rischiato il denaro di loro tasca.
Loro nonostante ciò, pontificano.

Poi ci sono, dall’altra parte, le piccole imprese e i commercialisti, che faticano a spiegare agli imprenditori che il loro sacrificio, talvolta del 40% del 50% o del 60%, debba andare allo Stato tramite tasse.
Parliamo di persone che forniscono dei servizi che sono sotto gli occhi di tutti, dopotutto.

Fanno bene quelli che in questo momento difendono le partite Iva e tentano di immolarsi per le serrande di questi sconosciuti, che di giorno in giorno chiudono per sempre nell’indifferenza generale, giustificata dal “tanto è toccato a lui, non a me“.
Il problema è che questi sconosciuti che chiudono sono famiglie, che magari danno lavoro ad altre famiglie.

I nostri politici però hanno cose più importanti a cui pensare, come la denominazione di “famiglia”, se sia giusto chiamarla così o se si debba dire che è una sorta di rete allargata di individui che condividono non so bene cosa.

Sembra di essere in mezzo ai marziani, tra gente che ha perso totalmente il contatto con la realtà, gente che dall’alto del proprio stipendio se ne frega della chiusura di un’azienda o del fatto che nascono partite Iva in sostituzione a posti di lavoro perduti, quindi precari messi sul mercato senza alcuna competenza su come si conduca realmente un’impresa.

Pensateci, per favore, prima che sia troppo tardi.

Malvezzi Quotidiani, comprendere l’Economia Umanistica con Valerio Malvezzi


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