La verità è che di fronte a risultati insufficienti, un allenatore può essere esonerato.

La verità è che Ancelotti ha sbagliato sul piano non solo tecnico ma anche della comunicazione: un errore dichiarare pubblicamente di non essere d’accordo sul ritiro. Si può fare, si può far sapere al presidente di non condividere una decisione, ma è sempre meglio farlo in privato.

La verità è che Ancelotti ha finito per sbagliare completamente strategia: mettendosi in contrasto con la società per quella sua dichiarazione e poi in contrasto con la squadra andando comunque in ritiro.

La verità, però, è anche un’altra. La verità è che stride, alla fine di una storia incredibile, sentir dire dal Napoli che “rimane intatto il rapporto di stima e di rispetto tra le parti”.

Ecco, la verità è che Ancelotti avrebbe meritato, non solo come professionista, una maggiore chiarezza e trasparenza.

Si può discutere il suo operato? Certo. Si possono discutere i suoi risultati? Certo. Ma metterlo in difficoltà con dichiarazioni pubbliche sul futuro dei calciatori, lasciarlo solo in mezzo alla bufera, consegnandogli ogni decisione sul ritiro dopo aver scatenato la reazione (colpevole) dei giocatori, tenerlo in una situazione di incertezza per un mese e mezzo, esonerarlo un’ora dopo una partita vincente con qualificazione agli ottavi di Champions (valore qualche decina di milioni di euro), tutto questo ha finito per far credere che fosse lui – Ancelotti – il responsabile unico di una vicenda che invece ha visto sbagliare tutti.

Sarà per questo, anche per questo, che Carlo esce di scena tra mille messaggi di solidarietà e amicizia.

La verità è che adesso società e giocatori non hanno più in Ancelotti un parafulmine.

Un parafulmine che ha allenato e vinto in cinque Paesi: Italia, Spagna, Germania, Francia e Inghilterra. Ma, come dice lui con classe, il passato non conta. Questa, e non vale solo per Ancelotti, è la verità.

Alessandro Vocalelli


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