Ecco l’intervista esclusiva a Fabio Capello nella puntata di Foodsport con Ilario Di Giovambattista, Enrico Camelio, Stefano Agresti e Francesco Di Giovambattista. In collegamento anche Gianni Mura e Roberto Perrone.

L’intervista esclusiva a Fabio Capello

Come mai Mister non è mai stato CT della Nazionale?

“Mi è stata offerta tantissime volte, ma le cose bisogna sentirle. Io non l’ho mai sentita di imbarcarmi in questa avventura. Probabilmente non credevo in quello che vedevo nella squadra. Però quando sento l’inno italiano mi vengono i brividi…”

Ha detto che vincere a Roma sia molto più difficile che vincere da qualche altra parte, come mai?

“Sei vai alla Juve o al Milan vai lì come un operaio per raggiungere l’obbiettivo di vincere, una volta fatto finisce il tuo compito. Se vieni a Roma devi costruire, rimodellare la mentalità di tutti, riprogrammare sempre tutto. Noi abbiamo vinto un campionato e dicevo ai ragazzi di smettere di fare festa… Abbiamo fatto sei mesi di festa. Io ho vinto dappertutto ma a Roma è stato l’unico posto in cui dopo aver vinto il campionato non abbiamo festeggiato tutti insieme con squadra e famiglie. Intendo la vera festa, non il circo. Sono andato a fare il giro a casa di Montella, poi sono andato a trovare Batistuta, poi sono andato dai brasiliani, da quelli di Casal Palocco e sono andato al ristorante con mia moglie a Ostia. Ma che festeggiare è questo? Mi è stato detto che dovevamo aspettare di fare festa con i politici…”

Se avesse la possibilità di diventare presidente della Roma lo farebbe?

“No, sono un pensionato ormai…”

C’è un giocatore che pensava avrebbe potuto fare meglio di quanto ha fatto?

“Ho avuto poche delusioni. Se devo dire uno che mi fa arrabbiare pensando a quello che avrebbe potuto fare è Cassano. E’ il giocatore con più talento che era nella Roma, un giocatore straordinario che si è buttato via”.

Cassano aveva più talento di Totti?

“Negli ultimi venti metri sì. Nel senso che il talento era uguale, mentre Cassano negli ultimi venti metri aveva la capacità del dribbling nello stretto, cosa in cui Totti era po’ più lento. La visione di gioco era uguale, mentre Totti aveva qualcosa in più da fuori area, calciava e sapeva fare gol anche da lontano”.

Un ricordo di Franco Sensi?

“Prima di venire a Roma fui io a chiamare Sensi, su suggerimento di Gaucci. Franco mi disse di vederci il giorno dopo, mi fece vedere quello che avrei potuto fare, parlammo un’ora e mi disse di mandargli il mio avvocato”.


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