Basta un gesto, anche appena accennato per far puntare i riflettori che prima erano sulla partita, sopra una singola persona. Quando si tratta di allenatori il gesto antisportivo è sempre un pò più importante, forse perché si pensa che non siano in trance agonistica come chi è in campo (e invece non è vero), e soprattutto perché si crede che la figura dell’allenatore debba distinguersi rispetto a quella del calciatore.

Non sempre però questo accade, il gestaccio del Cholo Simeone (rivolto come specificato da lui ai suoi tifosi) è soltanto l’ultima delle bravate in un momento in cui si perde letteralmente la testa anche essendo in panchina. “Abbiamo gli attributi” è un’espressione usuale in quelle situazioni ma comunque non un gesto molto rispettoso, sebbene non rivolto all’avversario, perché a qualcuno potrebbe suonare come “noi li abbiamo e voi no“. Non a caso l’esultanza del Cholo è stata presa a simbolo dall’Italia antijuventina. Comunque non è certo la provocazione peggiore a cui un pubblico calciofilo abbia mai assistito, anzi: ecco un elenco di provocazioni molto meno velate di quella del Cholo Simeone (che in confronto potrebbe essere ammesso al galateo).

Emiliano Mondonico

Il nostro Mondo” iniziarono a chiamarlo i tifosi dell’Atalanta, non solo per affetto ma per un evento in particolare: di mezzo c’era sempre la Juventus, che in una nottata autunnale del ’95 perse a Bergamo, così riecheggiò tra gli ultras atalantini il “bastardi” che Mondonico urlò verso la tribuna: “Andate a casa!” Anche lì ovviamente arrivarono le scuse: “Avevo bisogno di liberarmi“.

Josè Mourinho

Qua ci sarebbe da fare una lista. Un lungo elenco perché Mourinho è il r della provocazione, a causa della sua spregiudicatezza e del suo carattere praticamente privo di inibizione. Dalla conferenza stampa del “Zero tituli” passando per il gesto delle manette in un Inter-Sampdoria, arrivando alla doppia provocazione (stavolta sì) verso i tifosi della Juve, a Manchester mostrando il “3” di triplete, a Torino portando le mani alle orecchie a fine match come per dire “non vi sento“. Nella lista lo Special one non può non essere inserito, il gestaccio sceglietelo voi.

Carlo Mazzone

Non può mancare neanche lui, ma qui si va su un altro pianeta, si va sul poetico, sull’idillico, sull’epica didascalica. La leggendaria corsa di Carletto Mazzone non ve la dobbiamo certo raccontare noi, forse possiamo solo azzardarci a spiegare il velo mitico che la circuisce. Innanzitutto si trattava di un derby infuocato, quello tra Brescia e Atalanta e tra i tanti insulti che gli ultras nerazzurri rivolgono a Mazzone c’è: “Carlo Mazzone figlio di pu**ana“. E’ vero, è la più classica delle invettive, ma la mamma di Carletto era un tasto personale e profondamente intimo. Per questo al 3-3 di Baggio ha regalato ai posteri la sua corsa leggendaria sotto la curva avversaria. Nessuna pretesa di aver ragione, nessuna superbia, Carletto subito dopo dice a Collina: “Mo cacciame, m’o merito“. Uomo d’altri tempi.

Andrea Mandorlini

Diametralmente opposta la situazione dell’ex allenatore dell’Hellas Verona. In un match di campionato del 2012 contro il Cittadella, Mandorlini si girò contro la curva facendo il gesto delle corna quando mancavano otto minuti alla partita che avrebbe perso per 2-1. C’è però l’imbarazzo della scelta anche qui perché appena due mesi prima lo stesso Mandorlini era stato deferito alla Disciplinare per aver fatto delle dichiarazioni ostili nei confronti dei tifosi del Livorno, mettendo poi altra benzina sul fuoco: “Orgoglioso di stare antipatico ai labronici“. E non parliamo del faccia a faccia con Reja in un Verona Lazio di cinque anni fa…