Bergamo è una città bella e furba. Non ha la presunzione di Milano, nemmeno la durezza di Brescia, sta lontana dagli ozi lacustri di Como e dalla semisvizzera Varese, tralascio Sondrio, Pavia, Monza e me ne scuso ma qui voglio cercare di spiegare perché mai la gente di Bergamo abbia la passione grande, ben ripagata, del football. E’ storia antica, dai tempi di Jeppson o Hansen prima che trovassero gloria altrove, così come Umberto Colombo, Maschio, Fleming Nielsen per avvicinarci a periodi più recenti, Domenghini, Pizzaballa, Adelio Moro, Cabrini e Fanna, Scirea e Marocchino, Stromberg, Caniggia, Donadoni, Prandelli, Ganz, Vieri, Inzaghi e altri ancora.

Un album che spiega molto e che oggi trova nel presidente Percassi, ex difensore non di grandi qualità tecniche ma di sapienza imprenditoriale, la chiave per capire, per comprendere. Il settore giovanile atalantino, dai tempi di Favini e Bonifazi, maestri veri di calcio, continua a offrire elementi di grande valore, il centro sportivo di Zingonia è esempio di organizzazione, senza ricorrere al tam tam mediatico non conosce crisi. I conti sono in ordine, anzi il progetto approvato del nuovo stadio è la fotografia di un club in una realtà che non strilla anche se, spesso, ha dovuto sporcarsi le mani con le intemperanze di una frangia di tifosi.

E poi c’è Gasperini, un allenatore ideale per Bergamo, così come aveva dimostrato a Genova e non a Milano, là dove la presunzione dirigenziale lo aveva eliminato dai giochi. Gasperini sa trasmettere al gruppo la concentrazione e l’applicazione necessarie per una squadra non di rango ma di grande qualità, tecnica e tattica, con una base agonistica eccellente. Oggi l’Atalanta corre e gioca ma non vanno dimenticati i cognomi di quelli che sono partiti, da Gagliardini a Caldara, da Kessie a Petagna, da Conti a Zappacosta a Baselli, senza che la squadra ne abbia risentito sensibilmente, anzi trovando subito le alternative, sorrette dalla preparazione e dalla mentalità dell’allenatore. Bergamo è una città furba, di piacere ma discreto, di cultura ma non esibita, è la cuccia nella quale molti ex ritornano, non soltanto per nostalgia. L’Atalanta è figlia di questo ambiente. Non è un fenomeno per chi la conosce. E’ una sorpresa soltanto per chi si occupa d’altro.     

Tony Damascelli