Il Nürburgring dà, il Nürburgring toglie. Certo, non stiamo parlando del mitico e al tempo stesso famigerato “anello verde” di un tempo, ribattezzato così da Jackie Stewart, uno che di rischi e della loro gestione se ne intendeva; però quando la Formula Uno torna a far visita a una delle piste tradizionali, a tratti sembra un altro sport, rispetto a quello che va in scena nei cosiddetti “tilkodromi” di nuova concezione.

Sembrava poter essere la giornata di Valtteri Bottas, perfetto in prova ieri, bravo e ostinato oggi in partenza, in una persistenza di accelerazione dopo lo spunto brillante di Hamilton allo sport. Il primo colpo di scena è proprio quello del suo ritiro, quando la Mercedes lo pianta in asso.

Leonino finché ha potuto, Max Verstappen, al quale quando è iniziata la seconda metà di gara la macchina ha iniziato a negare lo spunto; dal ritiro di Bottas in poi la sua seconda piazza non è mai stata in discussione, così come il veleggiare di Hamilton verso la vittoria e verso la storia: il suo raggiungimento del record di Schumacher è una pagina epocale, senza fare distinzioni tra epoche e macchine, perché ognuno è figlio e interprete del proprio tempo. Giù il cappello al cospetto di chi ha sgretolato un numero dopo l’altro.

Ancora una volta, considerando la potenzialità attuale e quella di giornata della sua Renault, un grande Daniel Ricciardo, che oltretutto a quattordici giri dalla fine può giocare il tutto per tutto grazie a una safety-car probabilmente evitabile, utile a un innalzamento delle emozioni nel finale. Deve però guardarsi le spalle da un Perez sempre più performante, alla fine, invece di persistere nell’incalzare Verstappen.

Le Ferrari? Malinconico anonimato per Vettel, evidentemente al minimo sindacale di feeling con la vettura; sussulti di competitività per Leclerc che poi nei singoli duelli mette tutto se stesso ma non i cavalli che gli mancano.

Complimenti sparsi e strameritati per Sergio Perez, incalzante fino alla fine per il terzo posto; per Gasly, per il ritornante Hulkenberg, per Carlos Sainz, anche per un decoroso Giovinazzi.

Infine, ancora una volta, giù il cappello di fronte a Lewis Hamilton, padrone e signore di un’epoca.

Paolo Marcacci