Essere all’ombra di qualcuno non sempre è logorante, anzi, a volte può diventare un caldo rifugio sotto cui crescere con meno pressioni. “Enrico Melozzi & Beppe Vessicchio” alla fine era diventato quasi un nome unico, da pronunciare tutto d’un fiato senza staccare le parole, quasi come una lirica.

Sanremo conserverà sempre dentro di sé il ricordo di Peppe Vessicchio, così come Melozzi che viene considerato una sorta di erede naturale del maestro. In musica però non esistono eredi, ma solo valori condivisi: è lo stesso Melozzi ad asserirlo dopo la scomparsa di Vessicchio col quale un momento di profonda condivisione era stato catturato nientemeno che dalle telecamere del Festival più celebre d’Italia.
Condurre a quattro mani la serata cover sconvolse, a suo modo, il preconcetto che si ha quando si parla di un maestro d’orchestra; nessun ego e le mani giunte a scandire i tempi con la bacchetta. Poche chiacchiere, tanta musica. Come piaceva a lui.
“Lui che sulla situazione di Beatrice Venezi la pensava un po’ come me, sebbene si esprimesse con estremo garbo e con un modo tutto suo”.
Lo ricorda Melozzi dopo il caso che vede la direttrice di nuovo al centro di una polemica dal retrogusto politico: “Questa storia ha preso un po’ la testa a tutti. Caso politico? Magari. E’ più un caso calcistico, dove entriamo in curva e tutti urlano che non è brava. C’è gente che quando ho preso posizione in suo favore, che in realtà non è in suo favore ma a favore del buonsenso, mi scriveva che lei non sa dirigere. Dico ‘scusa, perfino io che faccio il direttore d’orchestra non posso dire questa cosa, tu come fai a dirla? Sei un musicista della Fenice? Fai il musicista nella vita? No, lavoro in banca’. Come fai quindi a sapere se un direttore d’orchestra può dirigere o no? Io invito tutti i musicisti a non fare questi ragionamenti qua”.
Le maestranze del Teatro La Fenice che hanno contestato la scelta ricaduta sulla nuova direttrice, avrebbero però dovuto agire come musica comanda: “Quello è il podio, salga e vediamo che succede. Come tutti i direttori d’orchestra. E gli abbonati che minacciano di disdire se ne vadano, magari! Come si permette uno ad andarsene in base a una scelta? Comprando un abbonamento pensi di pilotare le scelte del Teatro? Ma stiamo scherzando?
Come se io mi abbonassi al tram e pretendessi di decidere i percorsi del tram! Si liberano 150 posti? Bene, sono 150 posti in più per i giovani, perché quelli che fanno questi ragionamenti nella maggior parte dei casi sono cariatidi legati a quel mondo lì e pilotabili. Musicisti, non giudicate le persone come si fa quando tu non sei un musicista, perché quando tu sei un collega devi avere un rispetto deontologico per la professione degli altri. E’ la base del rispetto minimo tra colleghi”.
Nel video l’intervista di Leo Kalimba Gerardi a Music Provocateur.










