Più un duello rusticano che un confronto da Commissione. Il grillino Colucci e la dottoressa Maria Rita Gismondo, microbiologa, hanno avuto un scambio di battute nel corso della seduta di lunedì che ha portato la dottoressa a dirsi “aggredita da vecchie bugie”. Come quella sul protocollo Tachipirina e vigile attesa imposto ai medici in prima fase. Che però, secondo Colucci, sarebbe stato solo un “consiglio”: a dir poco in disaccordo la Gismondo.
Riportiamo integralmente le dichiarazioni in aula.
L’attacco di Colucci
Grazie, Professoressa, per il suo contributo ai lavori di questa Commissione. Le dichiarazioni che lei ha reso oggi sono coerenti con quelle che ha sempre fatto sin dall’inizio della pandemia, quando, il 23 febbraio, dichiarava: «È una follia questa emergenza. Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale». Le ricordo quanti milioni di morti ci sono stati nel mondo. Il primo marzo lei dichiarava: «Non voglio sminuire il coronavirus, ma la sua problematica rimane appena superiore all’influenza stagionale». Il 13 marzo affermava: «Tra poco il 60-70% della popolazione sarà positiva, ma non dobbiamo preoccuparci». Il 21 marzo diceva: «L’epidemia potrebbe essere mutata, sta succedendo qualcosa di strano». Queste sono le dichiarazioni che lei ha reso, e che credo siano contraddette dalle evidenze che l’esperienza comune, senza doverci appellare alla scienza, ci ha fornito. Le enormi mortalità globali e la tragedia mondiale che abbiamo vissuto dimostrano l’assoluta inconsistenza di quelle affermazioni.
Sono proprio queste dichiarazioni che hanno portato l’Associazione Patto Trasversale per la Scienza a diffidarla formalmente, con una diffida giuridica. Sono, forse, anche quelle che hanno determinato un procedimento disciplinare a suo carico, con conseguente provvedimento che, come ci ha detto, ha portato a una censura da parte, non di una parte politica, ma dell’Ordine dei Medici della Lombardia, di cui lei fa parte. E quindi capisco che il suo contributo oggi a questa Commissione possa essere influenzato da un aspetto personale, dato che ha subito questi procedimenti e queste riflessioni, ma soprattutto per essere stata così gravemente contraddetta dalle evidenze della pandemia.
In questa sede, ci ha detto tra le altre cose che il lockdown ha avuto un impatto minimo sul contenimento della pandemia. Non appena ha affermato questo, ci ha dimostrato che, invece, tutti gli studi scientifici hanno provato l’immediato impatto del lockdown (nei termini di 21-25 giorni) nell’abbattere l’RTI in Italia, che nel mese in questione passò da oltre 3 a 0,5-0,4 in tutte le regioni italiane, uniformemente. Basterebbe solo questo dato a dimostrare l’efficacia del lockdown nel contenimento della pandemia, e, in generale, nel contenimento di tutte le malattie contagiose, come è sempre stato fatto nella storia della medicina, un aspetto che lei non può naturalmente trascurare.
Ci ha anche detto che il virus era pericoloso, sì, ma colpiva principalmente gli anziani over 85, con anche due comorbidità. Professoressa, questa è un’affermazione davvero grave. È vero che il tasso di mortalità si concentra sulle persone più fragili, ma è proprio per questo che è necessario proteggerle, evitando gli effetti della ricerca dell’immunità di gregge. Ricordo che il premio Nobel Parisi ha indicato che, senza il lockdown, in Italia si sarebbe verificato un aumento esponenziale dei morti, arrivando fino a una decuplicazione dei decessi. E questo lo dice il premio Nobel Parisi.
Ha citato anche il caso delle autopsie, dimenticando che, probabilmente non sapendo, le autopsie non erano vietate. Le salme erano congelate e l’Istituto Superiore della Sanità ha successivamente provveduto ad esaminare non solo i referti autoptici, ma anche le cartelle cliniche. In quel momento, molti scienziati, presenti in questa Commissione, hanno sottolineato che i medici erano necessari negli ospedali e nei reparti, non nelle camere mortuarie.
Così come il collega Girelli si è soffermato sul piano pandemico, dimostrando brillantemente l’insussistenza delle motivazioni da lei fornite. Inoltre, tachipirina e vigilatezza non erano assolutamente un protocollo, ma una mera raccomandazione. La loro funzione era quella di evitare che i pazienti affluissero nei pronto soccorso, permettendo così la diffusione del virus all’interno dei nosocomi, che, soprattutto in una sanità come quella lombarda, costituivano i centri unici di cura della pandemia, in assenza di una sanità territoriale e domiciliare.
Tachipirina e vigilatezza non erano pensate come terapia. I medici, in virtù del giuramento di Ippocrate, erano liberi di adottare la terapia che ritenevano più efficace per il contenimento del virus. Le indicazioni erano solo di sorveglianza, per evitare che i nosocomi divenissero focolai di diffusione.
Lei ha dimenticato di citare anche la questione dei tamponi. Quando ha riferito quella sua dichiarazione, non solo non si sapeva che gli asintomatici fossero portatori del virus, ma mancavano anche i reagenti per eseguire tamponi in massa. Pertanto, era più economico e razionale destinarli alle persone sintomatiche, che avevano una probabilità maggiore di essere infette.
Per non parlare dei voli diretti e indiretti. Purtroppo, lei non ha seguito i lavori di questa Commissione. Non sa quanto approfondito sia stato questo tema e quanto ci abbiano detto gli esperti: il controllo sui voli indiretti era tecnicamente impossibile. Lasciamo questo compito a chi è esperto nel settore, e non credo che rientri nelle sue competenze.
Poi, c’è la questione delle mascherine senza marcatura. Professoressa, lei sembra ignorare tutta la procedura di deroga prevista dal Decreto Cura Italia, che consentiva l’utilizzo di dispositivi senza marcatura, purché avessero un’efficacia analoga, con una valida procedura di validazione alternativa alla certificazione.
Insomma, professoressa, l’unico punto su cui mi sento di condividere è la regionalizzazione della sanità. Inoltre, i riferimenti che ha fatto ad altri paesi, come il Canada, dovrebbero tenere conto dei dati finali. Lei sa che l’Italia si è collocata in una posizione mediana, a livello mondiale, in termini di mortalità, e quindi non può essere accusata di un eccesso di mortalità rispetto agli altri paesi, non solo europei.
Mi sento di dire che è grave anche la qualificazione di «mafiosa» che lei ha dato all’atteggiamento del mondo scientifico nei suoi confronti. A suo dire, chiunque la pensasse diversamente veniva «silenzato». Professoressa, lei è siciliana e dovrebbe avere più rispetto per la lotta alla mafia, usando un linguaggio più misurato, anche come segno di rispetto verso questa Commissione.
Concludo, professoressa, dicendo che tutte le audizioni scientifiche finora sono state in netto contrasto con le sue affermazioni. Le chiedo, in termini generali: non ritiene che un approccio scientifico autentico, da parte di una scienziata quale lei è, debba tenere conto delle evidenze che il mondo scientifico ha acquisito? I suoi colleghi, che lei ha definito «presi dal panico», sono scienziati di grande valore che hanno lavorato con massima coscienza e preoccupazione, ma la preoccupazione dell’emergenza non è sinonimo di panico. E usare il termine «panico» offende tutti i colleghi che hanno partecipato al CTS e alla Task Force.
Pertanto, professoressa, le chiederei sinteticamente: quale fondamento scientifico condiviso hanno le sue teorie? A quali riferimenti scientifici ha fatto riferimento, e quale documentazione può produrre che abbia un minimo di pregio scientifico da sottoporre a questa Commissione?
La risposta di Gismondo
La prima cosa che mi sta a cuore chiarire è che, quando ho citato comportamenti mafiosi, fuori abbiamo avuto modo di parlare della mia superba famiglia nei confronti della mafia. Mio padre ha fatto arrestare un gruppo di mafiosi a Catania, e ne sono assolutamente orgogliosa, figlia di un ufficiale di cavalleria. Quindi, insomma, penso che la cultura della mia famiglia imponga rispetto da questo punto di vista.
Ho citato la mafia non nei confronti dei colleghi, ma ho detto che è stato assunto quasi un atteggiamento mafioso di isolamento. Lei non ricorda che, in quei tempi, chi la pensava diversamente dalle direttive governative era messo ai margini, era da non trattare, da non prendere in considerazione. Che lei lo accetti o no, il clima è stato questo.
A parte questo, se poi lei cita i premi Nobel, io le cito Montagner, che aveva le stesse mie idee nei confronti del vaccino genico. Non penso che un premio Nobel abbia un peso specifico diverso da un altro, e quindi, a premi Nobel, ci siamo comparati.
Quando dice che io ho dichiarato, nel febbraio, che era qualcosa di appena più grave dell’influenza, lo confermo: in quel momento stavamo parlando, innanzitutto, di un’influenza che sappiamo annualmente causare anche dei morti. Quindi non ho sottovalutato, ho detto addirittura “un po’ più grave”.
Burioni, scienziato che immagino lei ammiri, il mese prima aveva detto — per farle capire che era un’intesa comune — «È più probabile che un meteorite mi colpisca che non che il Covid arrivi in Italia». Pregliasco diceva: «È un’influenza, non supervalutiamo». Capua: «Sarà un’influenza di cui parleremo in seguito».
Quindi, le conoscenze di quel momento — le ricordo — erano ancora scarse: avevamo poco chiaro il virus e poco chiari i contagi, che ci sembravano ancora limitati e contenibili. Ma quella era la primissima fase, sto parlando del 23 febbraio, la fase in cui tutti noi scienziati (se tale appellativo mi è ancora consentito) pensavamo. Ma chi doveva gestire la pandemia non doveva sottovalutare questo, doveva avere la massima attenzione. Quindi non era un discorso di sottovalutazione.
Lei fa appello all’Ordine dei Medici, che mi ha sottoposto a un procedimento disciplinare per la valutazione del vaccino. Io continuo ad affermare che il documento dell’FDA diceva quanto sostengo, e la penso forse in maniera più moderata di quanto non la pensasse Montagné.
Per quanto riguarda i morti, io ho sempre detto che questo discorso esula dai fragili, perché è ovvio che sono morti una quindicina — e mi spiace — di bambini da 0 a 19 anni, ma erano leucemici o oncologici. Sarebbero purtroppo morti anche con un’influenza. Non sono da valutare come morti per Covid, ma con Covid. Una distinzione che ha fatto anche la Capua, e che hanno fatto in molti, perché il Covid sicuramente è stato anche un virus e un’infezione che ha aggravato stati di patologia esistenti.
Quando parlo dell’Istituto Superiore di Sanità mi riferisco a una tabella pubblicata dallo stesso Istituto Superiore di Sanità — non sono dati miei — e la invito a guardarla ancora, esattamente. E, se vuole, gliela produco. È quello che ho detto io, con, peraltro, un diagramma che mostra che le morti erano associate a due, tre, addirittura quattro patologie concomitanti. Quindi questo è quanto ho affermato, e la invito a riguardarlo.
Per quanto riguarda le mascherine, il 28 marzo 2020 l’Istituto Superiore di Sanità raccomandava l’uso delle mascherine anche ai non sintomatici, e il 12 marzo i DPI potevano essere utilizzati anche senza alcuna autorizzazione. Quindi non è vero che fossero solo valutati: si era dato uso largo a qualsiasi mascherina anche perché, avendone donate così tante, non ci potevamo permettere di non usarle.
Per quanto riguarda i voli diretti, certamente non mi sostituisco a chi si intende di voli, ma da più parti è stato detto che fermare i voli diretti ha avuto poca importanza, perché comunque le persone arrivavano anche con voli indiretti. Probabilmente avremmo dovuto tracciare meglio le persone che, attraverso gli scali, arrivavano dalla Cina, e non solo quelle dei voli diretti.
Per quanto riguarda il discorso “tachipirina e vigile attesa”, mi spiace che ancora si faccia — mi scusi — questo gioco di parole. Era raccomandato, ma non era obbligato. Perché l’unica cosa che c’era sul sito del Ministero della Salute era: “Tachipirina e vigile attesa”. E quando lei ha la “vigile attesa” senza cura — perché la Tachipirina non è una cura — agisce come in un’infezione, come in un incendio in cui, invece di spegnere la miccia, si aspetta che divampi. Quando è divampato, non c’è più cura.
E, mi scusi, non eravamo liberi di gestire come volevamo. Tant’è vero che le persone e i medici che curavano secondo i propri protocolli sono stati, in moltissime regioni, addirittura radiati dall’Ordine dei Medici perché non seguivano gli schemi. Quindi non parliamo di cose non avvenute.
Io sono d’accordo con lei su tantissime cose che comunque hanno avuto, diciamo, una giustificazione piena in un momento così tragico. Probabilmente il mio giudizio può essere anche molto severo rispetto ad alcune situazioni di panico. Ho detto “panico” perché il panico era anche mio, era di tutti. Guardi, il panico era di tutti, perché a un certo punto non sapevamo più quanto fossero vere le immagini che vedevamo: ci mostravano persone che morivano per strada in Cina, mentre da noi c’erano ancora soltanto due turisti cinesi arrivati a Roma. E ci chiedevamo: sarà o non sarà qualcosa che ci coinvolgerà?
Io la pregherei di rivedere alcuni giudizi un po’ troppo critici nei miei confronti, perché penso di non meritarli. La ringrazio.










