Apprendiamo in questi giorni che Goldman Sachs ha assunto l’ex premier britannico Sunak come consulente senior. Ancora una volta si manifestano con adamantino profilo gli incestuosi rapporti tra politica e alta finanza.

Nel suo aspetto più generale, l’ordine neoliberale di cui siamo, nostro malgrado abitatori, si contraddistingue per un rapporto di forza in grazia del quale la finanza interviene senza sosta nella politica, direzionandola e orientandola secondo i propri desiderata, senza che, a propria volta, la politica possa in alcun modo intervenire nella finanza per disciplinarla e normarla, secondo quello che si potrebbe, a giusto titolo, definire il “primato del politico”. Sicché quella che viene trionfalmente e pomposamente definita “democrazia” coincide oggi in toto con una plutocrazia neoliberale finanziaria a base imperialistica, nei cui spazi blindati e reificati decidono autocraticamente i mercati finanziari nel nome del loro interesse sovrano. Quei mercati finanziari che, qualora i governi osino di scostarsi dai loro imperativi, intervengono massicciamente e aggressivamente con il ricatto dello spread e con veri e propri colpi di Stato come quello subito dall’Italia nel 2011.

Fu in effetti un colpo di Stato finanziario contro un governo, quello di Berlusconi, che pur con tutti i suoi limiti aveva una sua autonomia e non si piegava in toto ai desiderata dei mercati speculativi.

Come la finanza “valuta” lo Stato

Viviamo d’altro canto nel tempo in cui le agenzie di rating valutano anche gli Stati, trattati alla stregua di ogni altra azienda. E come sul piano geopolitico vengono qualificati come Stati canaglia quei governi che resistono all’imperialismo neobarbarico della civiltà stelle e strisce, così sul piano finanziario vengono definiti Stati “inaffidabili” e “populisti”, quelli che non rispondono sull’attenti agli imperativi dell’alta finanza sans frontières. La categoria del populismo, così in auge, risulta sotto questo riguardo particolarmente interessante. Si stigmatizzano come “populisti” quei governi che danno ascolto alla volontà del popolo. Il tacito corollario è che i governi dovrebbero dare ascolto sempre e solo alla volontà delle banche e del sistema finanziario sans frontières, limitando il più possibile ogni spazio residuo di sovranità popolare. La vicenda dell’ex premier britannico risulta invero particolarmente istruttiva.

Esiste un vero e proprio circuito chiuso tra finanza e politica

Un circuito chiuso in forza del quale i politici, terminato il loro mandato, passano nelle sfere dell’alta finanza e, con movimento inverso, gli strateghi del sistema finanziario globale entrano agevolmente in politica per tutelare gli interessi della finanza predatoria senza confini. Oltre al caso recente dell’ex premier britannico, si possono indubbiamente rammemorare i casi di Romano Prodi e di Mario Draghi, i quali, prima di accedere alle alte sfere dell’Unione Europea, ebbero incarichi di prestigio in Goldman Sachs. Come esempio del passaggio opposto, analogo a quello ora compiuto dall’ex premier britannico. Si può poi rammemorare la vicenda di Barroso, il quale, terminato il suo mandato presso l’Unione Europea, passò direttamente ai piani alti di Goldman Sachs. Così inteso, l’ordine neoliberale appare come una dittatura finanziaria plebiscitaria.

Alle masse popolari viene data l’opportunità di votare, con scadenza regolare, per scegliere quali politici di volta in volta mandare in Parlamento a prendere devotamente gli ordini dagli apolidi della finanza. Ordini che, ça va sans dire, tutelano sempre e solo l’interesse del capitale finanziario, che discute in modo tutto fuorché democratico le proprie traiettorie in consessi privatissimi come il Bilderberg. In questo contesto la parola “democrazia” non dice altro se non una grande finzione teatrale, che nasconde una realtà sotto ogni profilo antitetica rispetto a ogni autentica democrazia. Se le parole conservano ancora un senso, la democrazia è il governo in cui il popolo decide sovranamente delle proprie sorti. Ma oggi a decidere sovranamente sono soltanto i mercati speculativi, che camuffano il loro dispotismo dietro le procedure di una democrazia sorvegliata e amministrata in maniera tale da far apparire pluralistico un ordine che tale strutturalmente non è.

RadioAttività – Lampi del pensiero quotidiano | Con Diego Fusaro