La nuova legge di bilancio sancisce la chiusura alla possibilità di un pensionamento anticipato: le più penalizzate sono le donne
‘Lavorare per vivere‘ o ‘vivere per lavorare‘: sono decenni che abbiamo a che fare con questo curioso dilemma, spesso sottoposto, in modo critico, all’attenzione non solo della squadra di Governo di turno ma anche a tutti coloro che fanno della loro attività lavorativa la ragione principale della loro esistenza. Spesso a scapito magari delle passioni personali o della vita di famiglia, se appartenenti alla seconda delle due casistiche.

L’innalzamento dell’età media dei cittadini italiani, accompagnata all’ormai datata tendenza ad un indice demografico (rapporto nascite/morti) tra i più bassi d’Europa, ha spesso legittimato la politica a varare norme e leggi che alzassero l’età pensionistica. Con poche e spesso complicate ‘scorciatoie’ – ove e quando permesso – per dire ‘basta’ col lavoro prima dei limiti originariamente imposti per legge.
La destra, ma anche buona parte della sinistra, ha spesso criticato i provvedimenti della famosa ‘Legge Fornero‘ sul tema pensioni: uno degli argomenti più caldi per i cittadini del nostro paese.
Ebbene la nuova legge di bilancio varata dal Governo Meloni, che come noto dispone di una maggioranza a prova di voltafaccia in parlamento, sancisce in pratica la fine delle possibilità di un pensionamento anticipato, esercitabile fino a poco fa anche con misure legislative quali l’‘Opzione Donna‘ e la ‘Quota 103‘. Ma entriamo nel dettaglio.
La denuncia della CGIL: “Donne senza alternative”
Rammentando che il presupposto per l’adesione alla prima delle due opzioni era la maturazione dei requisiti di 35 anni di contribuzione accreditata a qualsiasi titolo, e di 57 anni di età per le lavoratrici dipendenti o di 58 per le autonome, la revisione graduale delle norme ha portato ad una situazione ben diversa. Puntualmente ‘denunciata’ dai sindacati.

“Il Governo, con la nuova ‘Legge di Bilancio 2025‘, ha cancellato del tutto ‘Opzione Donna’, l’unica misura, seppur parziale, che permetteva a molte lavoratrici di scegliere se lasciare il lavoro prima. Dopo averla già snaturata, alzando i requisiti e limitandola ai soli casi di fragilità o assistenza familiare, ora l’ha eliminata senza proporre alcuna alternativa“, ha dichiarato Lara Ghiglione, segretaria confederale CGIL.
Lo smantellamento dell”Opzione Donna‘ e della ‘Quota 103‘ avrà delle immediate ripercussioni soprattutto sulle donne lavoratrici con figli e su chi ha delle carriere discontinue. I numeri, diffusi sempre dal sindacato, non mentirebbero.
Se nel 2023 erano state 36.012 le persone che avevano potuto accedere alla pensione anticipata grazie alle due opzioni sopracitate, oggi tale possibilità viene meno.
Proprio il 2023 è stato l’anno migliore per chi desiderasse una via d’uscita anticipata dal lavoro. Negli anni successivi infatti, i requisiti sono stati progressivamente ristretti, rendendo sempre più difficile andare in pensione prima dell’età di vecchiaia, anche per chi avesse nel frattempo accumulato decenni di contributi.
La misura ‘Opzione Donna‘ ha registrato un crollo delle domande del 75,29% tra il 2023 e il 2025: erano 12.763 due anni fa, oggi sono appena 2.900.
Relativamente alla ‘Quota 103‘ – ex ‘Quota 102‘, nel 2023 le domande di pensione anticipata erano state 36.012, scese poi a 19.652 nel 2024, per poi calare vistosamente nel 2025, con sole 8.900 richieste.










