«Dobbiamo capire che chi ha i soldi — e non parlo di chi ha i soldi come Bill Gates o simili, quello è ancora un livello basso — ma dei padroni del denaro, persone che disegnano il mondo». Con queste parole Giorgio Bianchi, fotografo e documentarista, apre una riflessione che attraversa secoli di storia e mette al centro una tesi provocatoria: dietro i grandi eventi, dietro le guerre e le rivoluzioni industriali, non ci sarebbero gli Stati o i leader politici, ma un’élite economica capace di modellare il futuro con largo anticipo.
Secondo Bianchi, non si tratta di un gruppo fisso di individui, ma di una continuità di famiglie e poteri finanziari che nel tempo si sono passati il testimone. «Non sono sempre le stesse persone — precisa — ma ci sono famiglie che hanno attraversato lunghi archi temporali». L’idea è che, mentre la gente comune fatica a pianificare il domani, i “padroni del denaro” ragionano su orizzonti di decenni o secoli. «A differenza nostra, loro pianificano a 50, 100, 200 anni di distanza. E poi mettono in pratica quei progetti. Loro, il mondo, lo hanno già disegnato».
Un esempio plastico è la guerra civile americana. Una guerra che, nella sua lettura, non sarebbe stata mossa da motivi morali come l’abolizione della schiavitù, bensì da uno scontro di poteri economici. «Era il nuovo mondo che stava scalzando via il vecchio — spiega — il mondo della rivoluzione industriale che muoveva guerra all’aristocrazia terriera, quella che allora esprimeva i presidenti».
Con i suoi seicentomila morti, quella guerra rappresenterebbe per Bianchi il simbolo di una transizione epocale: la nascita del capitalismo moderno. Oggi, sostiene, ci troviamo in una fase analoga. «Siamo all’alba della quarta rivoluzione industriale — afferma — e gli stessi padroni del denaro hanno già disegnato il nuovo mondo».
Edward Bernays, il padre della propaganda moderna, nel suo celebre Propaganda del 1928 parla di un “governo invisibile”, composto da uomini dei quali la maggior parte delle persone non conosce nemmeno il volto. È un concetto che Bianchi ritiene ancora più attuale oggi.
Per spiegare cosa intende, racconta un episodio emblematico dell’Ottocento: quello in cui la Regina Vittoria, considerata all’epoca la donna più potente del mondo, dovette rivolgersi al barone Lionel de Rothschild per ottenere un prestito da 4 milioni di sterline, necessari ad acquistare le quote del Canale di Suez. «La Corona non disponeva di quella cifra — spiega Bianchi — e il banchiere le chiese: “Cosa mi offrite in garanzia?”. La risposta fu: “La Corona britannica”».
È un’immagine potente, quasi simbolica. Per Bianchi dimostra che i veri detentori del potere non sono i sovrani o i presidenti, ma i grandi influenzatori economici che restano nell’ombra. «I re, i presidenti — dice — sono gli autisti dell’autobus. Hanno il potere di guidarlo, ma il percorso è tracciato da altri».










