Dal 9 settembre Israele aveva ordinato l’evacuazione della città di Gaza, invitando circa un milione di persone a spostarsi verso la zona costiera di al Mawasi, nel sud della Striscia, definita ‘zona sicura’ ma più volte colpita dai bombardamenti. A oggi, secondo le stime israeliane, solo circa 350 mila persone sono riuscite a fuggire: oltre 600 mila civili sarebbero ancora nella città.

‘FASE INTENSIVA’

Nonostante questo, nella notte tra lunedì e martedì l’esercito israeliano ha dato il via a un’operazione di terra per conquistare Gaza City. L’attacco, accompagnato da intensi bombardamenti, ha causato almeno 62 morti (secondo i media locali) 52 dei quali proprio in città.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che è iniziata la ‘fase intensiva’ dell’offensiva, ritenuta un punto di svolta decisivo nella guerra. L’operazione rientra in un piano approvato ad agosto e punta a smantellare la presenza militare e politica di Hamas nella zona. Il ministro israeliano Israel Katz ha ribadito: “Andremo avanti fino alla sconfitta totale di Hamas”.

L’esercito ritiene che in città si trovino migliaia di miliziani di Hamas, e che l’area sia ancora occupata da circa 50 ostaggi israeliani, dei quali una ventina ancora in vita. Negli ultimi mesi, le truppe israeliane avevano progressivamente accerchiato la città, distruggendo interi quartieri periferici e conducendo incursioni limitate in preparazione dell’assalto. L’offensiva coinvolge due divisioni dell’esercito per un totale di decine di migliaia di soldati. L’operazione avanza in modo progressivo: le truppe israeliane stanno spingendo da più direzioni, con l’intento di completare l’accerchiamento della città e chiudere ogni via d’uscita.
L’obiettivo militare dichiarato è quello di isolare completamente Gaza City, tagliando i collegamenti con il resto della Striscia, per poi avanzare verso il centro urbano dove (secondo l’intelligence israeliana) si concentrano le strutture operative di Hamas e il comando centrale del movimento.

Gli USA guardano al Qatar

Nel frattempo, il segretario di Stato americano Marco Rubio, in visita a Gerusalemme, ha ribadito il sostegno degli Stati Uniti a Israele, ma ha anche sottolineato che “il Qatar è l’unico attore regionale con una reale capacità di mediazione” per una possibile (e necessaria) soluzione diplomatica.

In Israele, l’inizio dell’operazione ha innescato nuove proteste da parte delle famiglie degli ostaggi, preoccupate per la loro sorte. Un’associazione che le rappresenta ha allestito un presidio permanente davanti alla residenza di Netanyahu, chiedendo di avviare trattative con Hamas per ottenere il rilascio dei prigionieri.