L’assassinio di Charlie Kirk ha scatenato non solo sgomento, ma anche reazioni vergognose. Tra esultanze sui social e sorrisi imbarazzanti di chi veste la divisa, emerge un dato inquietante: l’odio politico non è più soltanto violenza verbale, ma arriva a legittimare persino l’eliminazione fisica dell’avversario.
Le immagini che indignano
Un video mostra un militare americano in servizio sorridere ed esultare alla notizia della morte di Kirk. “Che sia un militare in servizio lo rende ancora più grave. Andiamo bene, andiamo forte”, ha osservato Daniele Capezzone ai microfoni di CapezZoom. Una reazione che, insieme alle clip rilanciate su TikTok di giovani che urlano “Charlie Kirk is dead!”, rivela come l’omicidio politico non venga più percepito da tutti come una tragedia, ma quasi come un evento da celebrare.
I dati che spaventano
Capezzone richiama uno studio citato nel suo ultimo libro, condotto dal politologo Luigi Curini: “Trentotto americani su cento riterrebbero giustificato l’assassinio di Trump, il 31% quello di Musk. Tra gli elettori che si ritengono di sinistra le percentuali salgono: 55% per Trump, 48% per Musk”. Numeri che dimostrano quanto “la legittimazione dell’eliminazione fisica dell’avversario non sia più un tabù”.
Anche in Italia cresce l’intolleranza
La stessa dinamica, sottolinea Capezzone, si osserva anche nel nostro Paese. “Una ricerca condotta dalla Bocconi di Milano chiedeva se si sarebbe contenti se la propria figlia si fidanzasse con una persona di opinioni politiche diverse. La percentuale di scontenti era altissima, soprattutto a sinistra”. Una spaccatura che arriva fino alla vita quotidiana: “Se siamo arrivati al punto di censurarci perfino nel piacere di una discussione a pranzo o a cena con un amico, è finita. È chiaro che è finita”.
La “buona fede” che diventa pericolosa
Le clip di giovani esultanti, osserva Capezzone, rivelano un meccanismo ancora più insidioso: “Sono in totale buona fede, esultanti perché uno di opinione diversa non c’è più. Sono convinto che si sentano buonissimi, ma sognano un mondo in cui la tavolozza di colori deve avere solo i propri colori”. Per il giornalista è proprio questa convinzione di “fare il bene” eliminando il diverso a rendere il clima culturale sempre più tossico.










