Italia in semifinale all’europeo femminile 2025 grazie alla doppietta del suo capitano Cristiana Girelli.
Avevo 9 anni quando mi hanno regalato il primo paio di scarpini e la maglia della Nazionale italiana.
Era il regalo della Comunione. Me lo fece Marino, un amico di famiglia, contro la volontà di mia madre, che si frapponeva tra me e quel sogno “da maschi” di giocare a calcio.
Avevo 9 anni e indossavo in casa quella maglietta, immaginando un giorno di portarla davvero. Con la fascia da capitano.
Era il 2000, ma in alcune città italiane – tra cui la mia – era ancora il paleolitico per il calcio femminile. Uno sport lontano dal mondo delle bambine.
Cristiana Girelli ha solo un anno più di me: lei è del 1990, io del 1991.
Probabilmente ha vissuto gli stessi pregiudizi, le stesse difficoltà. Le stesse porte chiuse, le poche squadre, l’assenza di un futuro. Nessuna certezza. Ma la stessa passione.
Con una differenza: Cristiana ha avuto coraggio.
E forse non era solo coraggio. Era destino. Destino che sarebbe diventata icona di questo movimento.
Mi commuovo mentre scrivo – e scrivo mentre mi commuovo – perché Cristiana è una di noi.
Cristiana rappresenta tutte noi messe insieme. Ma Cristiana, è anche qualcosa di più.
È quel qualcosa che nasce da chi ha avuto il coraggio di inseguire e spremere il sogno fino alla fine, fino all’ultima goccia. Con lo stesso sorriso di bambina, ogni volta che corre dietro a un pallone. Ogni volta come fosse la prima. Come fosse l’ultima.
Mai una parola fuori posto. Mai un sorriso negato.
Cristiana è la rappresentazione di una generazione di calciatrici umile, gentile e sorridente. Una delle poche top calciatrici rimaste a rappresentare la generazione a cavallo tra l’epoca del dilettantismo e del professionismo nel calcio femminile. E lei porta in campo le due anime. E la sua forza è questa. La passione viscerale e incondizionata dei dilettanti, l’agonismo e il rigore dei professionisti.
È l’ambasciatrice di cui avevamo bisogno. E che forse non sapevamo nemmeno di meritare.
Cristiana è tutte noi. Perché fa ordinariamente cose straordinarie.
Cristiana, ride, scherza, alza cori, segna, incita, sorride, cade, piange, si rialza, si incazza e poi di nuovo ride e segna. Cristiana diverte e si diverte, in tutto quello che fa.
Cristiana è la prova vivente che mia madre si sbagliava. Cristiana è simbolo di una generazione di donne che – alla fine – aveva ragione di vivere il suo sogno.
Oggi ho 34 anni, siamo nel 2025, e quella maglia azzurra non l’ho mai davvero indossata.
Quella che mi ha regalato Marino, però, la conservo ancora con cura.
Mi chiedo spesso come sarebbe andata, se avessi avuto il coraggio di Cristiana.
Quel coraggio io non l’ho avuto. E forse mi nascondo dietro la storia del coraggio perché la verità è che non era nel mio destino.
Quel coraggio e quel destino erano nel nome di Cristiana Girelli. E vederla segnare e gioire ieri alla conquista di una storica semifinale mi ha fatto sentire lì, al suo posto, anche solo per un istante.
E come me, sono certa, ha fatto sentire lì tante di noi.
Grazie, Cristiana.
Era scritto, ne sono sicura.
Ad un minuto prima del cambio, in cui sarebbe uscita proprio lei, cross sul secondo palo di Cantore, al NOVANTESIMO, segna lei, Cristiana, di testa, il suo marchio di fabbrica. 2 a 1, e questo è il gol che ci porterà ad una storica semifinale.
Se non è destino questo.
Grazie ancora Cristiana. Se saltelli…
P.s. L’Italia il 22 luglio affronterà in semifinale la vincente tra Svezia e Inghilterra. Complimenti ad un gruppo fantastico che ci sta facendo emozionare. Un saluto particolare e affettuoso a Eleonora Goldoni, Giada Greggi e Elisabetta Oliviero. Grandi ragazze! Grazie per averci portato fin qui.










