MICHETTI: “REFERENDUM? PURA DEMAGOGIA”. GUERRA FRA POVERI – A distanza di quasi una settimana, il fiasco dell’ultimo Referendum continua a non lasciare le tavole del dibattito pubblico del nostro paese.
Il leader di +Europa, Riccardo Magi, ha accusato il Movimento Cinque Stelle di incoerenza, ma non sono solo i pentastellati a non aver appoggiato il quesito sull’accorciamento degli anni necessari per ottenere la cittadinanza. Un dato significativo riguarda infatti una consistente fetta degli elettori Pd — tra il 15 e il 20% — che ha votato No, come certificato dall’analisi dei flussi elettorali dell’Istituto Cattaneo di Bologna, che ha confrontato i risultati del referendum con le europee dell’anno scorso in dieci grandi città italiane. Il dato è omogeneo, con picchi maggiori in città come Genova, Bologna e Firenze. Tra gli elettori pentastellati il No ha prevalso quasi ovunque, tranne a Napoli, Palermo e Roma, mentre il centrodestra si è espresso quasi tutto contro, salvo le astensioni.
Referendum, sul lavoro elettorato compatto
Sui quesiti legati al lavoro, invece, la situazione appare più compatta. La quasi totalità degli elettori Pd ha aderito al sì, in difesa del primo quesito, mirato alla decostruzione del fulcro della riforma Renzi (Jobs Act), con margini di defezione molto bassi. Questo è un dato che la segretaria Elly Schlein può considerare un successo, visto che il fronte del lavoro unito include anche elettori di M5s e di AVS. Il tasso di astensione tra questi elettori è stato quasi nullo, segnale di un coinvolgimento maggiore rispetto alle europee 2024.
Ma se da un lato questo sembra un fronte solido, dall’altro si apre una spaccatura che rischia di trasformare la questione in una vera e propria “guerra tra poveri”. A sottolinearlo con forza è l’avvocato e opinionista Enrico Michetti, che denuncia come la contrapposizione tra lavoratori subordinati e autonomi alimenti una divisione improduttiva e pericolosa, mentre il vero problema resta il vuoto di politiche serie per il lavoro e l’impresa.
Michetti: “Referendum? Difendono i diritti di alcuni, ignorando la condizione di tutti gli altri”
In diretta su Radio Radio, l’avvocato Enrico Michetti ha espresso un giudizio netto sulla gestione della questione referendum e sulle divisioni emerse tra le diverse categorie di lavoratori.
“Io, al di là del risultato, vorrei capire a chi servono davvero queste divisioni” ha spiegato Michetti.
“Si parla di rafforzare le tutele per i lavoratori subordinati, ma si dimentica chi non ha alcuna garanzia: gli artigiani, i piccoli commercianti, i liberi professionisti. È tutto lavoro, e va tutelato in modo equo. Non possiamo permetterci di fare figli e figliastri.”
Per Michetti, il rischio è quello di una guerra tra poveri, una contrapposizione interna che indebolisce tutti:
“Se la piccola impresa chiude, sparisce anche il lavoro subordinato. Questo non è un conflitto ideologico, è una crisi sistemica. Dividersi così non serve a nessuno”.
Michetti: “La politica si nasconde dietro i referendum e alimenta conflitti inutili”
Michetti punta il dito contro la classe politica, accusata di scaricare le responsabilità sul voto popolare senza assumersi il peso di decisioni concrete:
“Negli ultimi quarant’anni, i governi hanno abbandonato la libera iniziativa. Hanno lasciato morire le imprese e, di conseguenza, il lavoro. Ora pretendono di proteggere il lavoratore dipendente senza creare un ecosistema dove le imprese possano crescere.”
Sul referendum in sé, Michetti si mostra critico:
“Mi sarei aspettato un dibattito serio, una riforma che mettesse al centro la crescita di tutto il sistema lavoro, non solo di una sua parte. Invece abbiamo assistito a propaganda e divisioni strumentali.”
“Aprire una partita IVA oggi è un salto nel vuoto”
L’avvocato ha sottolineato la situazione drammatica dei lavoratori autonomi, sempre più penalizzati:
“Oggi aprire una partita IVA è una scelta da disperati, senza alcuna garanzia. Se perdi il lavoro subordinato, devi poter contare su una prospettiva di libera iniziativa, ma lo Stato non offre tutele per questo.”
Un esempio che Michetti porta come simbolo è quello della delocalizzazione delle imprese:
“In Albania, ad esempio, le tasse sulle imprese sono al 5%. Ci sono più aziende italiane lì che nel nostro Sud. Se la gente scappa, forse dobbiamo chiederci perché non si riesce più a lavorare qui.”
“Serve una politica con la P maiuscola, non solo chiacchiere”
Nel concludere, Michetti ha lanciato un monito alla politica italiana:
“Oggi abbiamo una politica che si nutre di contrapposizioni e chiacchiere. Si parla di tutela per i lavoratori dipendenti ma si ignorano milioni di lavoratori autonomi che sono la vera spina dorsale del Paese. Questa è la politica delle carriere, non del coraggio. Se vogliamo uscire dalla crisi, dobbiamo smettere di dividerci e cominciare a costruire un sistema che guardi a tutti, senza fare distinzioni inutili”.