C’era tempo fino al 9 giugno ed è stato sufficiente: il ricorso contro la commercializzazione del farmaco a tecnologia saRNA è stato presentato, ma facciamo un passo indietro.

Il Kostaive, nuovo siero anti-Covid, si differenzia dai precedenti per la sua capacità di autoreplicarsi all’interno delle cellule: una volta entrato, l’RNA non solo induce la produzione della proteina Spike, ma può moltiplicarsi autonomamente, amplificando la risposta immunitaria ma anche potenzialmente la permanenza e la quantità di materiale genetico estraneo nell’organismo. Questo meccanismo, se da un lato promette una maggiore efficacia immunogenica, dall’altro solleva problemi sulla possibile durata e intensità degli effetti collaterali.

La documentazione ufficiale, consultabile anche sul sito della Commissione Europea, riporta che le reazioni avverse più frequenti dopo la somministrazione di Kostaive includono dolore e dolorabilità nel sito di iniezione, affaticamento, cefalea, mialgia, brividi, artralgia, capogiri e febbre. La maggior parte di questi sintomi è di lieve entità e si risolve in pochi giorni, ma non mancano casi di reazioni più gravi, come miocardite e pericardite, in particolare nei giovani maschi. Gli operatori sanitari sono invitati a monitorare attentamente questi rischi e a informare i pazienti su come riconoscerli. Ma i problemi non sono finiti qua.

I problemi

Tra le voci più autorevoli che sottolineano la necessità di una valutazione approfondita prima dell’approvazione definitiva di questi farmaci, spicca quella del dottor Maurizio Federico, virologo dell’Istituto Superiore di Sanità. Le sue riflessioni, pubblicate sull’International Journal of Molecular Sciences, hanno acceso un dibattito acceso tra esperti e istituzioni.
Federico evidenzia come la tecnologia autoreplicante, alla base del vaccino Kostaive, possa comportare rischi inediti rispetto ai vaccini tradizionali. La capacità di replicazione autonoma del materiale genetico, infatti, potrebbe portare a una persistenza e diffusione incontrollata all’interno dell’organismo. Non solo: il virologo sottolinea la possibilità, almeno teorica, che il materiale genetico autoreplicante possa essere trasmesso tra individui, inclusi soggetti non vaccinati, attraverso meccanismi come le microvescicole e gli esosomi. Questo fenomeno potrebbe, in casi estremi, interessare anche specie diverse, con conseguenze imprevedibili sugli ecosistemi.

Un ulteriore aspetto critico messo in luce da Federico riguarda la mancanza di dati certi sugli effetti a lungo termine di questa tecnologia. Gli studi disponibili, infatti, non sono ancora sufficienti per garantire la sicurezza sia sull’uomo sia sull’ambiente. L’assenza di barriere di specie nel trasferimento di materiale genetico autoreplicante amplifica le incertezze e solleva interrogativi sui possibili impatti ecologici.

Il ricorso

Una situazione su cui mosse giuridiche ci sono state, a partire dal ricorso dell’Avv. Renate Holzeisen:

“Vige nell’ambito sanitario il principio fondamentale del consenso. Nessuno può essere obbligato, forzato a farsi iniettare una sostanza senza il suo consenso. Questo principio consacrato nel nostro articolo 32 della Costituzione e nell’articolo 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea con l’autorizzazione di questa sostanza che appunto si diffonde nell’ambiente e viene trasmessa anche a persone non trattate, di fatto viene annullato e questo è gravissimo. Pertanto io sono esterrefatta per il fatto che il governo italiano non si muova. Ogni paese membro dell’Unione Europea prima che la decisione di autorizzazione della Commissione viene pubblicata, ha la possibilità di opporsi. Evidentemente l’Italia non si è opposta.

La cosa più difficile è appunto ottenere praticamente il riconoscimento della legittimazione attiva per la richiesta di annullamento da parte di cittadino dell’Unione Europea di un’azione o di una decisione di un organo dell’Unione Europea. In questo caso però sicuramente c’è, vista questa caratteristica di questa sostanza, perché non possono dire che poi dipende dallo Stato membro se obbligare o no il trattamento con questa sostanza. Questi discorsi non hanno alcun valore perché può essere che arrivi qualche turista che è stato un tedesco, un francese, uno spagnolo trattato con questa sostanza arrivi in Italia e la diffonda. Pertanto non basta neanche che non la usiamo sul territorio italiano, questa autorizzazione va subito fermata nell’ambito dell’Unione Europea”.

Fonti

Link alla rivista scientifica: https://www.mdpi.com/1422-0067/26/11/5118

Scarica l’articolo completo (pdf)

Scarica l’articolo completo in Italiano(pdf)