L’intervento di Antonio Tajani in Senato sul conflitto tra Iran e Israele ha suscitato più di una perplessità. La sintesi estrema con cui il ministro degli Esteri ha raccontato il proprio ruolo nelle trattative ha scatenato una valanga di reazioni online. Tra ironia e sarcasmo, si è inserito anche il commento pungente di Daniele Capezzone e Fabio Duranti, ai microfoni Un Giorno Speciale
“Basta con l’escalation”: parole troppo leggere
Nel suo intervento alla Commissione Esteri, Tajani ha dichiarato di aver parlato con i ministri di Israele e Iran la mattina del 14 giugno, aggiungendo: “All’Iran ho detto ‘non reagite più’, a Israele ‘basta, fermiamoci qua’”. Un linguaggio che, più che diplomazia internazionale, è parso a molti utenti una semplificazione eccessiva di una crisi di portata globale. Fabio Duranti non nasconde il tono ironico: “Sta finendo la guerra! Appena iniziata… No, no, sta finendo! Tajani ha detto ‘basta’ e quelli subito ‘basta’. Non possiamo scherzare: ha parlato lo statista”.
Lo statista e il meme: ironia social e politica
Le parole di Tajani sono diventate immediatamente virali sui social, con toni tra l’ilarità e la critica feroce. Il video dell’intervento è stato rilanciato innumerevoli volte, con didascalie ironiche e parodie. “Io pensavo fosse falso, devo essere sincero”, continua Duranti. “Poi sono andato sul video ufficiale del Senato. È vero. C’era pure la traduttrice. Ho tagliato il pezzettino. Forse hanno tradotto male”. Una battuta, ma che evidenzia un problema serio: in una fase di alta tensione internazionale, la comunicazione istituzionale dovrebbe essere all’altezza del contesto.
Un’audizione semideserta e la politica della rappresentazione
Capezzone va oltre l’ironia e sottolinea una criticità più strutturale. “L’audizione nasce su richiesta delle opposizioni. Ma poi, siccome era sabato, la gran parte non si è nemmeno presentata”, osserva. È un’occasione mancata di confronto che evidenzia un vuoto politico. “Ormai un pezzo della nostra politica non è rappresentanza di posizioni, ma rappresentazione di posizioni”, aggiunge Capezzone, denunciando una classe politica più interessata alla scena che al contenuto.