“Comprerai il nulla e sarai felice“.
Forse si può tradurre così un principio di marketing che, via via, si è sempre più andato affermando nel corso del Novecento fino a oggi.
Lo vediamo nel cambiamento del nostro rapporto con qualsiasi oggetto di nostra proprietà, pensiamo ai vecchi rasoi: rigidi, in materiale resistente e quasi un oggetto affettivo.
Oggi pensare a una cosa del genere fa quasi strano, perché non ci appartiene più quel concetto come non ci appartiene più l’oggetto.
Comprare beni immateriali – che esistono – confonde il limite tra servizio raffinato e quella che in centro Italia si definisce sòla. Il rasoio diventa usa e getta e nulla si ottiene più senza “passare al pacchetto premium“, generando una rendita fissa mensile in chi ci offre il servizio.
Si compra l’immateriale ma anche l’immorale. Perché chiunque, se controlla tra i suoi abbonamenti attivi, scoprirà sulle impostazioni sul cellulare di averne a carico più di uno: non te ne eri reso conto magari, ma quelle €5,99 vanno via ogni mese, e diventano 11,98 poi 17,97 e così via. Molto meglio per un venditore piuttosto che fissare il prezzo a 10 e chi si è visto si è visto.
Ma cos’è che precisamente è immorale in tutto questo? Il principio che c’è dietro.
“Non è importante che ci siano il latte e il burro nei biscotti, l’importante è che resti nella mente dell’uomo l’esigenza di assumere latte e burro”, dice la scenografia de “La vita agra“.
La pellicola del ’64 diretta da Carlo Lizzani spiega bene il concetto in una scena celebre: due tipi di biscotti, un pubblico che li assaggia e poi la truffaldina lezione del professore in un corso di persuasione di massa.
Abbiamo commentato la scena con Fabio Duranti e Antonio Maria Rinaldi nel video.