Nel 2019, Papa Francesco decise di modificare una delle preghiere più centrali della cristianità: il Padre Nostro. In particolare, la frase “non indurci in tentazione” venne sostituita con “non abbandonarci alla tentazione”, generando un ampio dibattito sia tra i fedeli sia nel mondo culturale.
Fabio Duranti, ai microfoni di ‘Un Giorno Speciale’, ha ricordato come questa modifica sia apparsa a molti come “una sorta di tentativo di scaricare la responsabilità sull’individuo”, laddove il senso originario, secondo alcuni, era quello di “un’invocazione a non essere sottoposti alla prova da Dio, riconoscendo la sua potenza”. La preghiera, consolidata da secoli di tradizione, viene così a perdere – secondo i critici – la sua forza originaria di implorazione e riconoscimento dell’onnipotenza divina.
Fusaro: “Il cristianesimo non è una moda, ma una dottrina”
Diego Fusaro ha parlato di “una svolta immanente” nel pontificato di Bergoglio, ponendo la modifica del Padre Nostro come esempio emblematico di un più ampio processo di secolarizzazione. “La parola di Dio non si può cambiare a piacimento”, ha ribadito, sottolineando la necessità di distinguere tra l’evoluzione del mondo e l’immutabilità del depositum fidei. Fusaro ha invocato il pensiero di Ratzinger, per cui “la verità non si adatta al tempo, ma il tempo si converte alla verità”. Il rischio, secondo il filosofo, è che si arrivi a una “cancel culture anche nella religione”, con il risultato paradossale di un cristianesimo che “piace a chi non ci crede, ma non rafforza chi ci crede”.
Tra fede, teologia e modernità: la riflessione di Alberto Contri
Alberto Contri ha offerto una lettura lucida e disincantata del dibattito sul cambiamento del Padre Nostro, individuandovi il sintomo di una più ampia deriva della Chiesa contemporanea. “Francamente, di tentativi di cambiare e di adattare purtroppo ce ne sono stati tanti,” ha osservato, denunciando il rischio di “trasformare la Chiesa in una grande onlus, una associazione benefica dove il trascendente è un po’ scomparso.” Secondo Contri, l’alterazione di una preghiera storica è emblematica di un atteggiamento che mina le fondamenta stesse della fede: “Noi riconosciamo un Dio perché ci sono dei dogmi, perché la fede questo è, e poi però, se noi con le preghiere cerchiamo di cancellarli, cadiamo in un loop incredibile”.