Luci e ombre del pontificato di Papa Bergoglio: c’è un particolare a cui pochi hanno fatto caso

Se n’è andato nei giorni scorsi Papa Bergoglio, all’età di 88 anni. La dolorosa perdita ci offre, se non altro, l’occasione per svolgere alcune considerazioni generali, sia pure telegrafiche, sulla figura di Bergoglio e sul modo in cui egli ha gestito in questi anni la Chiesa di Roma (sostanzialmente dal 2013 al 2025). La prima doverosa precisazione che vogliamo svolgere riguarda il fatto che Bergoglio, tecnicamente parlando, non è mai stato il papa.

Secondo quanto abbiamo mostrato estesamente nel nostro libro, “La fine del cristianesimo“, Benedetto XVI non rinunziò mai al munus petrino, rinunziando soltanto al ministerium. Spiegato in termini semplicissimi, Ratzinger rinunziò a esercitare il ruolo di papa, senza però mai rinunziare a quel ruolo.

Per questo motivo, l’elezione di Bergoglio nel 2013 fu un atto nullo più che invalido. Come è noto, il Papa può essere uno soltanto. E non si fa un nuovo Papa finché quello in carica non è morto o non ha rinunziato al Munus (non al Ministerium). Dunque, a conti fatti, la sede papale risulta vacante fin dal 31 dicembre del 2022.

Papa Bergoglio: il fautore dell’evaporazione della Chiesa, a favore del “teologicamente corretto”

Per quel che concerne il modo in cui Bergoglio ha amministrato la Chiesa (limitandoci anche in questo caso a sunteggiare ciò che abbiamo scritto nel nostro libro prima citato), possiamo asserire che ha favorito in ogni modo i processi in atto di evaporazione del cristianesimo. Ha promosso una “Neo-Chiesa” smart, liquida, post-cristiana e aperta all’immanenza. Questo nell’atto stesso con cui si è chiusa integralmente alla trascendenza.

Quella di Bergoglio è stata, in sintesi, una religione del nulla, nella forma di un nichilismo post-cristiano, che di fatto ha contribuito a svuotare del tutto il cristianesimo, rendendolo una semplice copertura ideologica della globalizzazione liberal-progressista.

Il pensiero unico politicamente corretto è divenuto, con Bergoglio, pensiero unico “teologicamente corretto”. Se Ratzinger aveva resistito eroicamente all’evaporazione del cristianesimo, mettendo al centro la tradizione, la filosofia e la teologia (e per questo motivo era stato osteggiato senza tregua dall’ordine dominante), Bergoglio ha agito nella maniera diametralmente opposta. E proprio per questo è stato da subito il beniamino dell’ordine egemonico, venendo invitato da tutti i varietà televisivi, e di più, diventando un punto fermo dell’ordine discorsivo dominante.

Anziché resistere all’evaporazione del cristianesimo, Bergoglio l’ha propiziata in ogni guisa. Negli anni ’70, Pasolini notava che il cristianesimo era un bivio fondamentale, e così cristallizzava quel bivio: “O il cristianesimo ripartirà dalle origini, e dalla opposizione a un mondo che non lo vuole più, oppure si suiciderà e si scioglierà nella civiltà dei consumi, senza lasciare traccia di sé“.

Ordunque, con Ratzinger abbiamo assistito al tentativo di dar vita alla prima ipotesi di Pasolini, cioè al ritorno alle origini del cristianesimo e all’opposizione rispetto a un mondo post cristiano. Con Bergoglio, viceversa, abbiamo rilevato il trionfo della seconda ipotesi di Pasolini: il cristianesimo che si scioglie nella civiltà dei consumi evapora e non lascia più alcuna traccia di sé.