Cisgiordania invasa: a rischio le mediazioni di tregua tra Israele e Palestina

Non è fine tregua ma quasi. Il rischio che i comunicati di diplomazia per un cessate il fuoco tra Israele e Palestina naufraghino diventa di minuto in minuto più reale.
E’ stata una domenica di tensione su più fronti, visto che la fase 1 degli accordi per il cessate il fuoco è stata portata a termine il 23 febbraio da Hamas, che ha restituito gli ultimi sei ostaggi a Israele. Non ricevendo però in cambio i 602 prigionieri palestinesi di cui era stato accordato il rilascio, questo perché le modalità di liberazione di Hamas sono state ritenute “umilianti” dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Dopo la sua denuncia la direttiva è cambiata, prevedendo una ripresa delle liberazioni qualora Hamas sospenda tali pratiche. Si tratta di scenette che includono esibizioni pubbliche degli ostaggi israeliani su palchi, spesso con atti propagandistici come baci simbolici a miliziani armati.
Hamas nega tutto, e spinge sui mediatori: Israele deve capire che “così si mette in pericolo la tenuta della tregua“; i negoziati sono fermi finché gli israeliani non restituiranno i 602 prigionieri, ma non è solo su questo che si gioca la partita.

Tensioni in Cisgiordania

L’IDF ha schierato nello stesso giorno i tank in Cisgiordania, realizzando la più grande operazione nel paese dal 2002. Israele ha inviato carri armati nell’area di Jenin, sgomberando anche i campi profughi di Tulkarem e Nur Shams. Sono 40mila gli evacuati dopo la distruzione di infrastrutture considerate “nidi del terrore”, ma i tank potrebbero presto svolgere anche un’altra funzione.
Netanyahu ha dichiarato di essere pronto a riprendere i combattimenti e a interrompere l’allentamento delle tensioni portato avanti dal 16 gennaio “in qualsiasi momento”.

La novità arriva nel primo pomeriggio di lunedì 24 febbraio: secondo il quotidiano pubblicato a Londra Asharq alAwsat, potrebbero maturare dei progressi per riprendere le negoziazioni sugli ostaggi. “Ci sono contatti che potrebbero portare, nelle prossime ore, alla consegna dei corpi di due israeliani, in cambio della liberazione dei prigionieri palestinesi che avrebbero dovuto essere liberati sabato”, dice il quotidiano riportando fonti da Gaza.

Capitolo Libano

Nel frattempo però c’è anche lo scenario in Libano da sbrogliare. Sempre nella giornata di domenica, decine di migliaia di persone si sono radunate a Beirut per i funerali del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ucciso da un attacco israeliano cinque mesi fa. Durante l’evento, aerei israeliani hanno sorvolato Beirut e bombardato il sud del Libano, colpendo presunti depositi di armi. Questi attacchi hanno violato il cessate il fuoco con Hezbollah e aggravato le tensioni nella regione.
Parallelamente, il presidente del Parlamento iraniano ha criticato la sospensione dei voli tra Iran e Libano, attribuendola a pressioni statunitensi, e ha ribadito il ruolo strategico di Hezbollah nella sicurezza libanese. Ruolo che Hezbollah mantiene, non senza grosse difficoltà dopo gli sviluppi degli ultimi mesi. Secondo fonti israeliane sarebbero oltre 5mila i membri del partito deceduti in quattro mesi: si tratta di un duro colpo alle milizie di Hezbollah e una voragine nelle casse dell’organizzazione para-statale, aggravata dal fatto che il partito copre indennizzi per i parenti e assegna posti di lavoro, comportandosi pienamente come uno Stato nello Stato.