Intervenuto nella seduta odierna in materia di competitività europea, in relazione al “Rapporto Draghi”, Alberto Bagnai, deputato della Lega, ha spiegato – e smentito – così la relazione dell’ex premier di cui oggi si è discusso in aula (VIDEO).
“Noi brutti e cattivi perché non colpiamo la classe media”
“Siamo nella fase degli atti di indirizzo, che sono quel momento in cui l’opposizione lecitamente esorta la maggioranza a perseguire dei nobili fini che possono essere la pace nel mondo, una maggiore prosperità, un mondo più più pulito o anche una maggiore competitività. Fatto sta che indipendentemente dal fatto che l’opposizione abbia piena consapevolezza di ciò di cui sta parlando – nel caso della competitività poi argomenterò che non ce l’ha – e nonostante questi fini siano talmente incontrovertibili da essere anche in realtà vuoti di contenuto, perché chi vorrebbe un mondo più sporco, più povero, eccetera eccetera? Nessuno di noi, o almeno se anche qualcuno lo volesse per malvagità non andrebbe a dirlo in giro. Quando poi si arriva ai mezzi subentra il problema, perché i mezzi, se questi fini sono proposti dalla sinistra, sono sempre due: o la patrimoniale o il debito comune, cioè o quello che io chiamo lo sterminio dei kulaki, o quello che oggettivamente si palesa come un commissariamento, perché al termine del debito comune c’è sempre qualcuno che viene qui a dire noi come noi dobbiamo spendere i nostri soldi. Questa è una lunga tradizione.
Io voglio ricordare che un politico più famoso di me disse che per eliminare i Kulaki come classe è necessario spezzare con una lotta aperta la resistenza di questa classe e privarla delle fonti economiche della sua esistenza e del suo sviluppo. Il compagno Stalin la vedeva così e anche chi continuamente aggredisce la casa di proprietà e la possibilità di metterla a reddito la vede così. Attacca la classe media in quello che è uno dei motori, diciamo, del suo benessere.
Noi invece non vogliamo né il massacro dei kulaki né il commissariamento, e quindi l’opposizione ci dirà che siamo cattivi, che vogliamo un mondo brutto, sporco. Assicuro ai presenti che non è così. Qui c’è un problema.
Prendiamo per esempio l’ambiente. Io ho assistito qualche tempo fa a un interessante convegno in cui il Presidente di Federacciai, per esempio, ha argomentato in modo molto convincente che in Italia l’acciaio verde esisteva da parecchi decenni prima che se ne parlasse in Europa, perché grazie all’idroelettrico delle valli alpine e grazie ai rottami lasciati dalla seconda guerra mondiale, noi già facevamo acciaio verde mezzo secolo prima che se ne parlasse nelle auguste sedi europee. Ecco, dove è che l’Europa eccelle nel riciclo? Eccelle nel riciclo della classe politica.
“Draghi? Ancora tu?”
Faccio un esempio, il dato più macroscopico. Noi stiamo qui discutendo di indirizzi politici che sono espressi in un documento sul quale vorrei darle alcuni dati e i dati sono questi. Lega -8,6%. Forza Italia -5,9%. Movimento 5 Stelle -17,3%. PD -0,3%.
Sa cosa sono questi? Questi sono lo scarto fra il risultato alle politiche del 2018 e quello alle politiche del 2022 dei principali partiti che hanno sostenuto il governo Draghi. Ah, naturalmente devo aggiungere Fratelli d’Italia (+21,7%), perché chi invece non ha sostenuto Draghi è cresciuto. Allora, che cosa voglio dire? A me sembra che qui forse ci dovremmo tutti porre un problema di quello che si potrebbe chiamare un vulnus democratico, una struttura.
L’ordinamento unionale sembra una cosa fatta apposta per far rientrare dalla finestra della Commissione, con potere di indirizzo politico, una persona che è uscita dalla porta di una sfiducia parlamentare risonante e che ha lasciato le macerie della maggioranza che lo ha sostenuto causando una meritata – voglio dirlo ai colleghi di Fratelli d’Italia – crescita degli unici che non lo hanno sostenuto. E noi dovremmo stare qui a discutere di quello che ci dice? Ma secondo me no.
Il rapporto smentito da Blanchard
Vogliamo parlare un attimo di economia sul serio? Perché non ci sono stati solo dibattiti parlamentari su questa roba, ci sono anche stati dibattiti scientifici. Allora, io ai colleghi che spesso in questa aula usano la scienza come una clava per far sta zitto chi non la pensa come loro, vorrei sommessamente citare alcune considerazioni fatte da uno che si può googlare se non lo si conosce e però mi permetto di ricordare a me stesso che se non lo si conosce è un po’ un problema: ha solo 151mila citazioni, un h-index di 134, quindi se non è il migliore economista è il secondo, che ha preso il rapporto Draghi e ci ha fatto capire alcune cose.
Io partirei proprio dall’inizio, la prima osservazione che fa Blanchard su questo rapporto è molto semplice: ma come si fa a porre a tema la competitività in un’area del mondo che ha un surplus strutturale di cinquecento miliardi di dollari – salvo il grosso shock che c’è stato durante la pandemia?
La competitività, ricordo, è la capacità di proporre sui mercati internazionali i propri prodotti a un prezzo conveniente per tirar su la bilancia dei pagamenti. Ma noi a dove vogliamo spingerlo il nostro surplus di bilancia commerciale? A tredicimila fantastiliardi?
Siamo tuttora noi la prima primaria fonte di squilibri macroeconomici globali e ci poniamo il tema della competitività: ma capite che è assurdo?
Poi in questo simpatico rapporto prevale l’ottimismo della volontà verde, ovviamente con un nodo della cravatta impeccabile, ma sempre quella roba lì è. “Il verde porterà crescita”, e Blanchard dice una cosa semplicissima: cos’è l’economia verde? Di fatto l’economia verde è questo: se tu vuoi produrre, e quindi produci emissioni, devi acquistare il permesso di emettere gas serra. Questo significa banalmente che i gas serra diventano un fattore di produzione, perché tu devi acquistarli se vuoi produrre.
Se vuoi un mondo verde quindi devi tirarne su il prezzo, quindi di fatto il mondo della transizione è un mondo dove si crea uno shock di offerta permanente e persistente. Mi seguirete anche voi: quando il prezzo della produzione sale naturalmente la domanda diminuisce, cioè si crea un mondo recessivo e inflazionistico.
“Insieme è bello? Macché”
Non vuol dire che la transizione non sia giusta. Ma vuol dire che non dobbiamo presentarla falsamente come un motore di crescita, perché crea un contesto inflazionistico, un contesto recessivo che in qualche modo andranno gestiti.
E allora come li gestiamo? “Combattendo la frammentazione e aumentando la produttività?” (come scritto sul rapporto Draghi, ndr), quindi non ci vogliono i campioni nazionali ci vogliono i campioni europei? Ma anche qui Blanchard fa un’osservazione che è veramente alla portata di chi ascolta in quest’aula, che racchiude tante competenze: avete mai fatto caso a cosa fa per esempio un grande fondo internazionale acquista una grande azienda e vuole ovviamente estrarre valore per mettersi i soldi in tasca e tornare a casa sua? Qual è la prima cosa che fa?
Fa lo spezzatino, divide le unità funzionali o separa le subholding e le vende separatamente perché così creerà più valore che vendendo tutto il pacco insieme. Quindi non è detto che “grande è bello” in un mondo in cui spesso vediamo che si fa piccolo per estrarre maggior valore. E vogliamo poi parlare della mitologica unione dei mercati e dei capitali che dovrebbe portare a ben 250mila basis point di riduzione del costo del finanziamento?
Oltre a dire che questa stima è una stima abbastanza fantasiosa, Blanchard fa osservare che non necessariamente un costo del finanziamento più basso porterà gli investimenti che sono realmente utili. E allora, visto che è di stagione, mi permetta di citare un musicista raffinato la nostra tradizione nazional popolare: “Ancora tu, l’incorreggibile? Ma lasciarti non è possibile? O forse è possibile? Perché per citare Keynes, gli uomini pratici che si sentono completamente liberi da qualsiasi influenza intellettuale sono in genere schiavi di qualche economista defunto. Questo parlamento, che comprende una maggioranza fatta di uomini liberi, non vuole essere schiavo di un economista sfiduciato dal popolo italiano e dalla stessa professione scientifica. Questo è il motivo per il cui noi sommessamente deporremo il nostro No a delle mozioni che per noi hanno questo vulnus in radice, quello di basarsi su indirizzi dati da chi potere d’indirizzo in realtà secondo noi non ce l’ha”.