Ci sono due coppie, variamente assortite come lo spettatore potrà capire; si ritrovano in clinica perché uno dei quattro è in coma, in gravi condizioni: prima di andarsene, però, ha qualcosa di importante da dire agli altri tre, anche per facilitare il distacco. È la trama di “Vita, morte e miracoli”, un testo di Lorenzo Gioielli adattato dalla regia di Riccardo Scarafoni che torna in scena al teatro “Cometa Off” , di Via Luca della Robbia, a Testaccio, dal 12 al 17 marzo. I quattro interpreti sono Veruska Rossi, Fabrizio Sabatucci, Riccardo Scarafoni e Francesco Venditti, con il quale parliamo nel giorno del debutto.

A distanza di qualche tempo, quest’opera come dialoga con la società?

Una decina di anni fa, quando la portammo in scena la prima volta, era un’opera ultramoderna. Ora la definirei ultraterrena, se mi passi il termine. Le dinamiche sentimentali in relazione all’evoluzione della società stanno aggiornando di continuo i modi e le possibilità di amare.

Si ha la sensazione che il pubblico attraverso i personaggi scopra, alla fine, qualcosa di sé…

Attraverso le rivelazioni di Emanuele, il personaggio che è in coma, ognuno scoprirà qualcosa di inaspettato e al tempo stesso rivelerà qualcos’altro di sé. Per questo, il pubblico vive un passaggio taumaturgico, ogni spettatore ritrova qualcosa di sé sulla quale riflettere. Oppure addirittura la scopre…

Perché consiglieresti ai più giovani di venire in teatro?

Per comprendere una volta di più che il diritto ad amare è superiore a ogni altra cosa.


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