Un Milan che ripresenta i nomi e la filosofia usuali solamente nell’ultimo terzo di gara alla fine riesce a scalfire un Genoa ordinato, brillante e in fiducia, che riesce a sopravvivere sempre, come a Udine, o che autoalimenta l’autostima per i suoi exploit, come contro la Roma.

Nella giornata in cui la prima milanese aveva già fatto un favore a Torino bianconera, gli uomini di Alberto Gilardino dimostrano compattezza e soglia di sacrificio bastevoli non soltanto a tenere testa a Reijnders e compagni, ma a vivere un finale autorevole al punto tale da regalare a Maignan un voto in più in pagella, fino all’espulsione di quest’ultimo.

Non che il Milan non abbia mostrato l’intenzione di portar via l’intera posta, soprattutto dopo la giostra degli avvicendamenti con i quali Pioli ha buttato nella mischia Leão, Pulisic, Giroud e Calabria, però i contenuti avevano tradotto quasi fino all’ultimo un equilibrio a tratti piacevole e non rinunciatario, complessivamente, rispecchiato da un risultato che stava premiando l’intensità genoana ed evidenziando la mancanza dello spunto risolutivo negli ultimi venti metri da parte dei rossoneri.

L’attiva vigilanza di Dragusin, l’ordine di Thorsby e la soglia di sacrificio di Gudmunsson non meritano assolutamente la sconfitta che arriva grazie al gol di Pulisic, davvero difficile da decifrare quanto a regolarità. Il braccio lo abbiamo visto tutti, da alcune inquadrature, in altre sembrava scomparire. Di sicuro c’è soltanto che la capolista arriva alla sosta guardando tutto e tutti dall’alto in basso.
Molto più incerto, dopo il pazzesco finale, il voto da attribuire all’arbitraggio di Piccinini, ben oltre l’episodio del gol.