Lucidità, il primo comandamento di questo settembre faticoso e a tratti distratto, per i Campioni d’Italia sulle cui spalle sembrano pesare in egual misura i fasti del Tricolore e il disorientamento di chi è costretto a cambiar pelle.
A più riprese Di Lorenzo e compagni accettano programmaticamente di abbassarsi per poi elasticamente rilanciare l’azione, soprattutto quando arriva Raspadori a cesellare sulla trequarti un’ultima mezz’ora in cui nel nido di paglia dell’Estádio Municipal di Braga c’è da custodire l’ovetto dello 0 – 1.
Sarebbe stata una vittoria da minimo scarto ma proteica, più tuorlo che albume, per chi si era riscoperto affamato di certezze e d’identità nelle ultime settimane.
E quando sbuffa di soddisfazione al gol del suo baffuto capitano, Rudi Garcia lascia intendere di aver liberato le sue spalle da uno zainetto di mattoni, critiche e perplessità.
Sembrava poter bastare, per poi non bastare più, perché il cronometro continuava a camminare, ma sempre più sperduto e distante è apparso un Osimhen frettoloso e ansiogeno nel cercare la sua firma europea.
Film già visto, direbbe il presidente – produttore, dopo il gol di Bruma che è figlio di un concorso di colpa? No, il colpo di scena da saltare il banco ai padroni di casa, appena galvanizzati dal momentaneo pareggio, e i pop corn nel barattolo degli spettatori al cinema. Autogol di Niakaté quasi come un effetto speciale, per un’iniezione di morale con il soffio dell’oceano.
Non basta, ma aiuta; resta il lavoro da fare sulla propositività e sulla grammatica difensiva: Ostugard non ha gli occhi a mandorla, nemmeno un po’; Juan Jesus sempre essere tornato ai suoi ministeriali livelli. Ma sono queste le partite che, quando le si porta a casa, accendono una torcia all’interno del tunnel.