Finisce sempre così: si discute, si litiga e nel girò di qualche giorno tanti saluti. Dice il ministro Piantedosi che adesso andrà a Bruxelles a proporre canali d’ingresso regolari e corridoi umanitari. Ne parliamo dal 2015, ma in Europa si continua ad aspettare, di incontro in incontro, e non sui migranti si ottiene mai niente.
Un’attesa che snerva alla luce di quello che, per esempio, leggiamo oggi sul Corriere della Sera. Il ritratto di alcuni scafisti dovrebbe far suscitare una conclusione: tutto questo deve finire.
Partivano dalla Tunisia, portavano i migranti in Italia e non avevano alcuno scrupolo: “Se avete problemi buttateli in mare, dicevano prima delle traversate; “con ognuno di loro ci faccio tremila euro” si ascolta nelle intercettazioni dei poliziotti di Caltanissetta. Gli affari arrivano fino a mezzo milione di euro. Impressionante.

Ricordate le inchieste di Mafia Capitale e Mondo di mezzo? “Si guadagna più coi migranti che con la droga“, si disse allora. Il business è un po’ cambiato dall’epoca, ma qui siamo di nuovo a livelli ragguardevoli. Uno dei vertici di quella che gli investigatori chiamano operazione ‘Mare aperto’, tunisino, stava scontando gli arresti domiciliari e una condanna a sei ani per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nonostante ciò organizzava il traffico.
“Io sono il più grande trafficante tra Tunisi e l’Italia”, diceva al telefono vantandosi. Non l’unico a far parte della cricca: la fidanzata è in carcere e molti degli indagati sono siciliani con precedenti per mafia. Caricavano gli “agnelli” – così li chiamavano – e a chi guidava il barcone lo dicevano chiaramente: “In caso di problemi, buttali in mare“; “sono bestie, sono meno che umani“.
Poi le beffe: “C’è chi piange, chi urla, chi ha sua madre che ha venduto la casa“, il tutto detto con tono beffardo da parte dei trafficanti.
Un traffico che va fermato a tutti i costi, o se non altro regolamentato. Altro che battaglie politiche.