Ci eravamo illusi tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 che per le nostre imprese il peggio fosse passato. Anche se i più attenti di noi erano al corrente dell’effetto allucinogeno del noto 110% che, di fatto, aveva drogato il mercato immobiliare.

Per quanto riguarda l’occupazione e i debiti finanziari a rischio, per avere una fotografia più estesa dei possibili impatti del conflitto russo-ucraino e della nostra congiuntura sul nostro sistema economico-finanziario, sono state condotte ulteriori analisi sulla distribuzione in termini di classi di rischio degli addetti e debiti finanziari delle 618mila società di capitali analizzate.

Nel 2022 i lavoratori in imprese a rischio default sono ben 831mila, l’8,5% del totale in aumento di 129mila unità rispetto al 2021. A queste si aggiungono gli oltre 2 milioni di addetti che lavorano in società vulnerabili per un totale di 3 milioni di operati in società fragili.

Cosa sta facendo la politica da mesi per difendere queste imprese? Nulla. Gli aiuti del Governo Conte prima e Draghi poi, si sono limitati a garanzie dello Stato dicendo alle imprese “vatti a indebitare”. Le misure come il 110% e il Bonus in realtà sono state delle misure improvvide perché le imprese si sono indebitate per fare delle attività poi hanno presentato dei crediti fiscali che vengono pagati ma in ritardo rispetto al dover pagare l’Iva. Le imprese non hanno soldi per pagare l’Iva perché paghi o i dipendenti o le bollette o le tasse e poi dopo a quel punto lo Stato obbliga un’altra norma sanzionatoria: quella sulla crisi di impresa.

Siamo in una situazione paradossale: 3 milioni di cittadini italiani, secondo le analisi di rating, lavorano in società fragili. Dobbiamo cambiare sistema, parametri e regole.

Malvezzi quotidiani – L’Economia Umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi