“Destra e sinistra, per quello che ancora i due vocaboli rappresentano, certamente sono due concetti non rispondenti al modo di porsi del novanta per cento di una classe politica opportunista. Continuano però a esistere nel paese reale”

La solita gara a dire che destra e sinistra non esistono più: come categorie concettuali, di pensiero; come patrimonio di ideali e relativa traduzione in quella che dovrebbe essere l’azione politica degli eletti (inteso come occupanti di un seggio nel Parlamento che verrà, non come membri scelti ed eccelsi del contesto civile). E il solito, consequenziale rinfacciarsi scheletri celati più o meno ad arte nei rispettivi armadi, da parte dei contendenti di quella che ha buone possibilità di passare alla storia come la campagna elettorale più inconcludente, sguaiata, priva di reali contenuti o di risposte alle questioni che affliggono la quotidianità degli elettori (o presunti tali) di sempre. Indipendentemente da quelle che potranno essere le proporzioni del già prevedibile risultato. Dopo aver letto i vari punti del programma di un qualsiasi partito, provate a scorrere il programma stesso per vedere se trovate anche l’illustrazione del sistema per arrivare all’attuazione di un determinato punto, per esempio le migliorie della scuola, poi diteci se l’avete individuato.

Bisognerebbe dunque precisare che destra e sinistra, per quello che ancora i due vocaboli rappresentano, certamente sono due concetti non rispondenti al modo di porsi del novanta per cento di una classe politica inconcludente, opportunista, sempre più spesso cialtrona nei modi di porsi. Forse dire che le due categorie non esistono fa comodo ai politici stessi, quando devono rinnegare qualcosa o qualcuno, anche se a intermittenza si ricordano di rispolverare il peggio che l’avversario incarna, rinfacciandoglielo.

Invece destra e sinistra continuano a esistere nel paese reale, che è sempre più distante da quelli che fino a stasera gli chiederanno il voto. Esistono nei modi di concepire la vita, come concetto assoluto e nel quotidiano; nel modo di porsi dell’individuo nei confronti della società; nella maniera di concepire l’ordine sociale o l’attuazione di politiche di solidarietà. Esistono in ciò che tanta gente vorrebbe vedere attorno a sé da quando al mattino esce di casa, in base al proprio modo di vedere le cose. Ma sempre più spesso se ne lamenta, ormai quasi esclusivamente su una piattaforma digitale e sempre più di frequente pensa che nessun politico sia degno di accogliere le sue richieste.

I protagonisti di questa squinternata campagna elettorale nemmeno questo hanno avuto la capacità di capire: esistono ancora i due modi di pensare, con gradazioni di intensità variabili, ma entrambi si vedono sempre meno riconosciuti da quelli che dovrebbero tradurli in pratica dopo aver ottenuto il mandato dagli elettori. Al di là dei proclami più o meno gridati.

Ecco perché, più la gente mantiene convinzioni nette e orientamenti riconoscibili, meno trova utile andare a votare per “questi qua”.

Paolo Marcacci