“Credo sia giunto il momento di porre fine alle esclusive sui diritti del campionato. Il calcio deve essere fruibile su più piattaforme. Sarà l’utente a scegliere quale vedere. In caso contrario l’appassionato sarà solo vittima di imposizioni tariffarie. #Dazn“. Riccardo Cucchi, Giornalista ed ex Radiocronista sportivo, pubblica questo Tweet fortemente indignato per gli aumenti tariffari mensili della piattaforma di streaming sportiva Dazn.

Si parla di qualità, in un momento di ripresa dopo due anni di emergenza sanitaria e sociale si parla di questo. Qualità nella vita quotidiana e, soprattutto, qualità in ciò che si coltiva: lavoro, passione e/o hobby. Una delle cose che unisce questi tre elementi (per più della metà della popolazione nazionale) oggi è il calcio. Perlomeno è iniziato così tanto tempo fa: un mix di amore, semplicità e un pallone. Al contrario oggi, a quanto sembra, il sistema calcio sta dirottando i suoi utenti appassionati da tifosi a sterili clienti. Ed è proprio con l’aumento dell’abbonamento di Dazn che ciò che sembrava un piacere oggi sta diventando un impegno troppo grande per chi non può permettersi quei 39,99€ (10€ in più rispetto al mese passato).

Riccardo Cucchi interviene in diretta a Lavori in Corso, analizzando la questione e non solo, ne denuncia anche le varie conseguenze che potrebbero avvenire a fronte di questa nuova gestione: “Non credo sia possibile in un libero mercato imporre un prodotto ma soprattutto imporre le condizioni di questo prodotto senza proporre un’alternativa. Non è un problema facilmente risolvibile. Il servizio non all’altezza delle promesse, non si può scaricare tutto sulle spalle degli utenti”. Ecco l’intervento completo.

“Quello avvenuto nel caso di Dazn credo che ci ponga tutti come utenti appassionati di calcio di fronte a un tema: siamo obbligati (se vogliamo vedere il calcio) per l’esclusiva a pagare ciò che ci chiedono e ad affrontare gli aumenti tariffari come in questo momento ci sta proponendo Dazn ma direi anche di più. Siamo costretti ad accettare la piattaforma sulla quale evidentemente il calcio viene trasmesso (in questo caso streaming) e sappiamo perfettamente quanto sia complicato in Italia. Io sono un testimone diretto di quanto sia difficile vedere il calcio in streaming. Molti di noi fanno i conti ogni sabato, domenica e venerdì con il cerchietto che si propone interrompendo le immagini. Siamo arrivati a un punto di limite nella sopportazione degli utenti, siamo oltre la pazienza.

Questo quadro apre un problema anche nel sistema calcio italiano che vive quasi esclusivamente di diritti televisivi, è un sistema gigante con i piedi di argilla. Credo che il calcio rischia di non avere finanziamenti sotto questo profilo.

Ridistribuzione diritti e costi? Secondo me è necessario un dialogo tra le parti in causa, è la Lega che gestisce la cosa.

La vittima principale in questo sistema così complicato rimane sempre l’appassionato. I dirigenti del calcio italiano non si rendono conto che il calcio è un’industria ma, a differenza di altre, produce passione. Intorno a questo si crea il business ma se il tifoso si sentisse veramente trasformato da appassionato in cliente, si sgonfierebbe anche il business”.