La ‘subcultura della cancellazione’ o Cancel culture, che dir si voglia secondo il lessico smart dei mercati, ha celebrato in questi giorni il suo ennesimo successo. Dico ennesimo dacché ormai è una tendenza da tempo affermata quella per cui la subcultura della cancellazione impone sé stessa e lo fa nel modo che più le è proprio: quello della distruzione, dell’annichilimento delle vestigia del nostro passato. Siano esse delle statue, monumenti o magari anche le opere d’arte, che sono giudicate non all’altezza di un presente che pretende di essere il punto più alto della storia umana, nonché il solo titolato a giudicarla nella sua interezza. E così, sotto i colpi della subcultura della cancellazione, prevale il nulla a ogni latitudine. La cultura nientificatrice che distrugge tutto pensando che ciò significhi riportare alla giustizia storica.

Così è accaduto in concreto questi giorni: a Cardiff è stato annullato il progetto di una costruzione di una statua dedicata al nostro Guglielmo Marconi. Ebbene sì, motivo? Marconi era fascista, dunque occorre impedire la creazione di una statua a lui dedicata. Per gli acefali alfieri della subcultura della cancellazione, poco conta la grandezza di Marconi, cosa egli realmente fece e in cosa si distinse. No, per gli alfieri cinici e spietati della subcultura della cancellazione conta soltanto il fatto che Marconi ebbe la tessera del Partito. In quanto fascista, non merita se non di essere rimosso dalla storia. Cancellato, senza pietà.

La subcultura della cancellazione, non mi stancherò di ribadirlo ad nauseam, rappresenta l’apice della barbarie e la prova provante del fatto che l’Occidente – a trazione atlantista – ormai è la culla del nulla, divorato dal nichilismo a suo tempo profetizzato da Nietzsche. Federico Nietzsche nell’Ottocento infatti, con folgorante intuizione, mise a tema esattamente il nichilismo come cifra del nostro tempo: “Prevedo l’ospite più inquietante che ci accompagnerà per i prossimi due secoli”. Il nichilismo corrisponde alla svalorizzazione di ogni valore. Al processo storico per cui alla fine, dei valori, non resta più nulla. Tutto precipita nell’abisso, come nel noto libro e nella nota pellicola, adesso ispirata “La storia infinita”. Il nulla avanza e divora tutto, nel quadro di una cultura pantocratica e tecnonichilista come la nostra.

Il presente abitato di nichilismo relativo relativista si erge sciaguratamente a giudice dell’intera storia umana e pretende, dal proprio punto di vista miserrimo, di cancellare il passato con un colpo di spugna, abbattendo statue e rimuovendo monumenti, imponendo il presente come unico parametro a cui tutto deve adattarsi. Non è soltanto il nulla della cultura della distruzione che prevale, la stessa che anima per inciso il terrorismo. Che cosa accomuna infatti la Cancel culture e il terrorismo, se non la volontà di distruggere, di far prevalere il nulla, di uccidere ciò che si è prodotto, siano esse le creature intese in senso umano, siano esse le obiettivazioni dello spirito umano?

Oltre a questo vi è un altro aspetto: la subcultura della cancellazione pretende di far valere imperialisticamente il punto di vista del presente assolutizzandolo, facendo sì che esso giudichi anche il passato e lo cancelli quando ritenuto illegittimo dal punto di vista del presente. Non vi è altro da aggiungere davvero: la subcultura della cancellazione è lo zenit dell’assurdo, del nichilismo, ed è per questo che deve essere fermata. Dobbiamo difendere chi siamo e questo vuol dire difendere anche chi siamo stati, dacché noi siamo l’esito di un processo storico. Noi siamo la nostra storia, distruggendo la quale non siamo più nulla.

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