Mi scrive un lettore sul gruppo Telegram: “Mi ricordo al liceo delle materie definite umanistiche. Mi venivano insegnate una serie di nozioni che dovevo limitarmi a conoscere ma operando così non potevo conoscere me stesso. All’università ho fatto ingegneria, facoltà interessante ma tecnica. Il risultato? Mi consideravo una persona preparata ma mi mancava qualcosa di importante. Mi chiedevo cosa ma non capivo. Grazie a questo percorso ho capito che la cosa che mi mancava non andava capita ma sentita. Il sentire me stesso e gli altri mi ha permesso di vedere ogni cosa in modo diverso. Questa cosa dentro di me l’ho sempre cercata ma mai trovata perché non avevo un metodo su cui lavorare”.

Io ringrazio Federico, un allievo della ‘Casa dei matti’, come ho chiamato la mia scuola all’interno del gruppo Telegram. Questa persone espone un concetto importante. Su Facebook una signora mi ha chiesto informazioni sull’economia umanistica e io non rispondo più perché non ce la faccio, ma ho aperto un gruppo per questo.
L’economia umanistica è qualcosa che ci manca ma non capiamo esattamente che cosa. Io oggi pomeriggio farò lezioni di tipo tecnico e molto spesso queste ci coprono una parte di sapere nozionale, ma poi come dice Federico ‘La cosa che mi mancava non andava capita ma sentita’.
Difficile capire cosa sia l’economia umanistica se non si frequentano le mie lezioni. Perché come dice Federico, non aveva un metodo. L’economia umanistica è un metodo per lavorare su di sé.

Dopo anni passati a parlare del debito pubblico, della povertà in Italia, sono giunto alla conclusione che la definizione di Federico sia convincente. Ci aiuta a riportare l’attenzione dell’uomo economico sull’oggetto dello studio stesso che è appunto l’uomo, l’umanità.

Malvezzi Quotidiani, l’economia umanistica spiegata bene