“Dagli spalti di ogni nostro stadio trasuda vergogna, quasi in ogni partita; le autorità cosiddette competenti e giudicanti della Lega Calcio rischiano di peggiorare la situazione quando danno la sensazione di non adottare lo stesso metro di giudizio”

Una vecchia questione, o se preferite annosa, che dà meglio l’idea della ciclicità con cui si ripresenta. In ogni stadio, con differenziazioni dovute a rivalità, campanilismi e luoghi comuni beceri a seconda delle latitudini. In più, ci sono gli “evergreen” e gli insulti buoni per ogni latitudine: i cori contro i napoletani, che vanno bene da Aosta ad Agrigento, più o meno; gli ululati contro i giocatori neri o mulatti; l’epiteto “zingaro” per ogni giocatore proveniente dall’Europa dell’est.

E basta con quest’altra falsificazione della realtà, ossia quella secondo la quale certe cose accadono solo nelle curve: si contano sempre più episodi che vedono coinvolte famigliole, coi bimbi pettinati che mangiano composti la focaccina o signori di mezza età che ululano al nero e si sentono legittimati, in nome del biglietto che hanno pagato, a dare della scimmia a Kessie o ad Abraham e a invocare Vesuvio e terremoti vari. Quando va bene, a urlare “merda” sul rinvio del portiere avversario. 
Roba di per sé insopportabile, ma resa ulteriormente nauseabonda dal fatto che non tutte le bestialità gridate dagli spalti hanno lo stesso peso a livello di sanzioni ed, evidentemente, non provocano la stessa indignazione per i media. 

Per essere estremamente chiari e citando dalle “fonti”: perché la discriminazione territoriale è riprovevole soltanto quando si invoca l’eruzione del Vesuvio (coro vomitevole, indegno, schifoso) e viene declassata a sfottò se invece si canta che le romane o le toscane sono puttane, oppure che chi non salta è un toscano di merda come per tutta la durata dell’ultimo Juventus – Fiorentina? O, ancora, perché è grave dare dello zingaro a Ibrahimovic, tanto da mettere l’episodio nei titoli dei telegiornali ed è invece spunto minore di cronaca se viene insultato allo stesso Vlahovic, peraltro reiteratamente, con l’amplificazione dei microfoni e in favore di telecamera durante l’intervista al termine di una partita? Potremmo anche citare, come episodio più recente, i fischi interisti durante il minuto di silenzio per Gino Maldera nel derby di ieri sera. 

Dagli spalti di ogni nostro stadio trasuda vergogna, quasi in ogni partita; le autorità cosiddette competenti e giudicanti della Lega Calcio rischiano di peggiorare la situazione, quando danno la sensazione di non adottare lo stesso metro di giudizio e nemmeno la stessa soglia di indignazione, nei confronti dei trogloditi che si annidano in ogni tifoseria. Di fatto, una discriminazione tra discriminazioni. 

Prof. Paolo Marcacci