Il dibattito sulla produttività del lavoro vuole che gli italiani siano baffi neri, mandolino, scarsi lavoratori e di solito si prendono ad esempio i tedeschi come popolo virtuoso. La produttività del lavoro è data dal valore aggiunto rapportato al totale degli occupati che ci sono in un paese. Dalla produttività del lavoro dipende il costo del lavoro che, possiamo semplificare, dicendo che è il costo del lavoro per addetto rapporto al costo per addetto. Se la produttività del lavoro aumenta il costo del lavoro diminuisce perché si ripartisce su un numero di prodotti più ampio.

Possiamo allora dire che in queste condizioni possono diminuire i prezzi e quindi l’impresa diventa più competitiva. Se vogliamo fare un dibattito serio sulla produttività del lavoro la cosa importante diventa analizzare la dinamica della produttività cioè non è importante dire se la produttività italiana sia alta o bassa ma fare dei ragionamenti di benchmark cioè di paragone con altri paesi, ad esempio la Germania, su di un asse temporale quindi come varia la produttività nel tempo.

Esattamente come si fa con i prezzi è importante andare a vedere se la produttività aumenta o diminuisce tra un paese e un altro paese in un asse temporale. Questo modo di ragionare ci porterà ad analizzare quello che è successo tra l’Italia e la Germania, ad esempio, alla fine degli anni 90′, quando siamo entrati nell’Euro.

Primo bisogna diffidare da argomentazioni banali e semplicistiche in materie di economie, secondo che ben difficilmente l’uomo comune può cambiare il mondo nel quale vive ma una volta capite le regole del gioco può agire sulle leve che cambiano se stesso. Per queste ragioni parlo di economia umanistica e ho aperto un canale Telegram in cui faccio video sull’economia umanistica.

Malvezzi​ Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi