“Sono un animale, ho lavorato per tutta la vita per Cosa nostra, ho ucciso più di 150 persone, non ricordo neanche il nome di tutti”: così disse di se stesso Giovanni Brusca in veste di collaboratore di giustizia. Ora il boss di San Giuseppe Jato (Palermo) è tornato libero dopo aver scontato la sua pena arrivata fino a 25 anni. Sarebbe stata più lunga, l’originaria scarcerazione era prevista per il 2022, ma la “buona condotta” e l’applicazione dell’ulteriore liberazione anticipata hanno ridotto i tempi a ieri sera.

Subito scattato il caso politico e mediatico al momento della notizia. Brusca è l’omicida materiale di Giovanni Falcone, colui che ha azionato il telecomando della strage di Capaci. Lo stesso che ha ordinato di sciogliere nell’acido un bambino di 11 anni, figlio di un pentito, il piccolo Di Matteo. Un carnefice passato dalla parte della giustizia poco dopo il suo arresto avvenuto nel 1996. Anche da collaboratore ha avuto il modo di far discutere per via della sua figura controversa e secondo alcuni poco credibile e veritiera fino in fondo.

Tante le reazioni alla sua scarcerazione: dai parenti del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei tre agenti di scorta, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, passando per Rita Dalla Chiesa, fino alla mamma di Di Matteo. Luigia Luciani e Stefano Molinari hanno sentito la voce autorevole dell’avvocato Roberto Afeltra, in passato impegnato nella sua attività lavorativa nel processo della strage di Capaci.

Ecco l’intervento dell’Avv. Afeltra a Lavori in Corso.

“Io sono sempre stato contrario alla figura del collaboratore, ma non è questo il momento di fare le indicazioni, le differenze tra i collaboratori e i dissociati. E’ una situazione che va avanti da 30 anni e che continuerà così. Noi ricordiamo che è collaboratore un soggetto che ha fatto sciogliere nell’acido un bambino.

Il problema importante è il seguente: io parto da una diretta e personale documentata. Quando Giovanni Brusca ha iniziato a collaborare, ricorderanno tutti la questione, tirò fuori la questione dell’Onorevole Violante che tornava sul volo Linate-Roma. Se voi vi prendete le carte, nel primo grado del processo della strage di Capaci Giovanni Brusca fu ritenuto non credibile, non attendibile, fu condannato all’ergastolo. Perché Giovanni Brusca nell’immediatezza delle collaborazioni disse che Avola (colui il quale aveva portato il tritolo per la strage di Capaci) apparteneva ad una certa cosca. Dopo 9 mesi circa, in appello, Giovanni Brusca si è ricordato che Avola non era più nella cosca iniziale, ma si era spostato a Caltagirone. Questo secondo me è il punto più nero, più oscuro della collaborazione di Brusca.

Sarebbe lunghissima la storia tecnica e giuridica. Non si è mai visto che le dichiarazioni successive possano essere ritenute più valide e migliori delle prime. Io difendevo Nitto Santapaola nel processo di Capaci, ho visto esattamente il ribaltamento dal primo grado all’appello. In forza di questa circostanza, che poi è stata ritenuta fondata, ha avuto il placet anche dalla Corte di Cassazione.

Dal punto di vista della legge non ci possiamo lamentare della scarcerazione di Giovanni Brusca. La politica insorge? Prima fanno le leggi e si vantano di averle fatte per i collaboratori. E’ giustissimo: quando si dice ‘senza collaboratori probabilmente non si sarebbe riusciti a entrare all’interno del fenomeno mafioso’, si dice una cosa vera. Che Brusca sia stato importante, certamente sì”.