In questa settimana si è parlato molto della strage di morti Covid in India. Si è parlato di forni crematori insufficienti, di un numero talmente alto di decessi che per occuparsi dei corpi si è dovuti ricorrere a misure che solo le peggiori guerre hanno visto. Una situazione insostenibile insomma, che pare convergere verso un’unica conclusione: il Covid è devastante. Ma come stanno davvero le cose?

Se di numeri si parla è giusto che si faccia chiarezza e che si prendano in considerazione tutti i dati, i quali, per definizione, non possono essere valutati né singolarmente né in senso assoluto. Cosa vuol dire? Come fa notare ai nostri microfoni Fabio Dragoni, “l’Italia avrebbe 8754 morti se i nostri numeri fossero come quelli indiani, eppure siamo a oltre 120 mila“. Non si può parlare quindi del caso indiano senza i dovuti riferimenti alla popolazione totale e ai dati degli altri Stati.

E se ciò non bastasse a far emergere le intenzioni dei canali di informazione mainstream, subentrano poi le riflessioni sulla effettiva affidabilità dei numeri. Come spiega Fabio Duranti, l’Istat, per fare un esempio, “non produce dati, li riceve e li pubblica. Chi ce lo dice che quelle persone sono realmente morte di quello?”.

Insieme all’editorialista de La Verità, è stato questo il tema all’ordine del giorno durante l’appuntamento di ‘Un giorno speciale’. E tirando le somme, al termine dell’analisi in diretta, ciò che emerge non è più che il Covid sia devastante punto e basta. Viene fuori piuttosto come ci sia “un certo tipo di narrazione che vuol farci credere la chiusura sia un destino inevitabile”, quando invece non è così. Con Francesco Vergovich, Fabio Duranti e Fabio Dragoni, ecco il video del dibattito.

Fabio Duranti: “I numeri ormai dati, che sono nelle mani di poche persone al mondo e sono inaccessibili, quindi l’attendibilità dei numeri che ci vengono forniti è tutta da dimostrare. I numeri sono importanti: l’Istat non produce dati, li riceve e li ripubblica. Ma chi ce lo dice che quei numeri sono giusti? Chi ci dice che quel Comune o quell’altro ha dato i numeri giusti? E chi ce lo dice che quelle persone sono realmente morte di quello o di altro? Ed è proprio per l’incertezza che non si deve dare spago alle decisioni che regolano i nostri diritti fondamentali in base a numeri dati da soggetti terzi. Questi possono essere manipolati.

In democrazia non si deve mai censurare e si deve sempre formare la coscienza delle persone per capire se quei dati sono giusti o sbagliati. Oggi si è tornati indietro. Nei prossimi giorni mostreremo le censure più bieche del nostro periodo. Sono state censurate persone che hanno un curriculum di tutto rispetto solo per esprimere il proprio pensiero. I numeri che ci vengono dati da quello che io definisco l’attuale regime, sono numeri che ci spaventano e mettono paura. La democrazia è comprendere gli errori del passato e porre delle regole affinché quegli errori non si ripetano. Quindi no alla censura, no alla limitazione della libertà che non va mai limitata, neanche in una situazione di pandemia”.

Fabio Dragoni: “8754: questi sarebbero i morti che l’Italia avrebbe se avesse i numeri dell’India. Ne abbiamo 120 mila, questa è la prima considerazione. La seconda considerazione è che invito tutti a leggere oggi sul Sole 24 Ore un articolo dove scopriamo che c’è un Paese, la Corea, che praticamente ha ripreso il reddito che aveva prima del Covid, ha avuto 1800 morti e sostanzialmente non ha fatto alcun tipo di lockdown, chiusure.

Questo per dire che cosa? Che c’è un certo tipo di narrazione che vuol farci credere che ci sia un mainstream inopponibile, dove la chiusura sia un destino inevitabile, ineluttabile. E invece non è così. Non è così perché vi sono tantissimi esempi di Paesi che fanno le scelte che a posteriori si dimostrano essere le scelte giuste. Quindi diciamo: non arrendiamoci!”