Occorre produrre chiarezza intorno al così dibattuto tema delle fake news e della lotta contro di esse. Ebbene, chiariamo subito allora che l’obiettivo conclamato della lotta contro le fake news è di ordine politico, non teoretico, e coincide propriamente con la produzione di una indubitabile ortodossia sociopolitica, legittimata con la categoria della scienza.
Tale ortodossia promette la salvezza della vita come posta in palio in nome della quale tutto può essere sacrificato, e insieme tale ideologia converte le scelte soggettive del potere (a beneficio dei ceti dominanti) in decisioni obiettive, naturali e scientifiche fondate sulla conoscenza del reale, e non su interessi di parte.

La reale ideologia scientifica non produce passione per il sapere e il dialogo tra scienziati. Al contrario, silenzia e ostracizza gli scienziati non allineati e, perciò stesso, sottoposti a una nuova inquisizione che parla – questo è il punto – in nome non più di Dio, ma della scienza innalzata dogmaticamente a nuovo feticcio.
Insieme la nuova ideologia svolge la funzione di oppio del popolo, poiché in termini orwelliani educa a non pensare e a non sentire bisogno di pensare. E’ sufficiente infatti fidarsi della scienza e del discorso del medico che ci trasmette la certezza a cui cadavericamente dobbiamo adeguarci in ogni sfera della nostra esistenza. E poi non dobbiamo nemmeno più pensare.

Se la scienza rettamente intesa trova nel dubbio, nel dialogo e nella ricerca il proprio fondamento, l’ideologia scientifica, per parte sua, si basa su granitiche certezze. Di più, si fonda sull’immediata ostracizzazione di chiunque non accetti il dogma divinizzato della scienza.
Il paradosso della condizione che si sta generando in seno alla condizione del nuovo leviatano terapeutico è che, in nome della scienza innalzata a feticcio, non è più riconosciuto lo spazio per il dibattito filosofico e per il dialogo scientifico secondo la pratica greca del “rendere ragione”, e nemmeno secondo la pratica galileiana delle sensate esperienze.
Se vi è una certezza assoluta e, di più, una designata fonte che di volta in volta la stabilisce, che siano le task force contro le fake news o i comitati tecnico-scientifici, allora evapora ogni spazio reale per la libera discussione e per le pratiche dell’agire comunicativo.

Chi, infatti, sia portatore di visioni altre rispetto a quelle diffuse dalla suddetta fonte designata, è perciò stesso nel falso, e come tale deve essere trattato mediante silenziamento e, al limite, anche mediante punizioni previste dalla legge (accade anche ciò in questi giorni).
Quand’anche le menzogne su cui il potere si fonda siano smascherate nella loro essenza ideologica, seguono implacabilmente a presentarsi come vere, con annesso abbassamento al rango di “fake news” di tutto ciò che le contraddica.
A garantirlo è la violenza simbolica del potere mediatico, che monopolisticamente in mano ai gruppi dominanti, riesce in primo luogo a contrabbandare come vero il falso, e in secondo luogo riesce a stigmatizzare come “complottismo” e come “fake news” ogni ordine discorsivo non organico rispetto a quello dominante. In tal modo il monopolio della violenza si muta in monopolio della verità.
Il pensiero unico dominante trova conferma anche nel fatto che, quando tutti pensano il medesimo, in realtà nessuno sta pensando.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro