“Ormai è impossibile eliminare il virus”. Sono le parole pronunziate dal virologo Andrea Crisanti, uno dei principali protagonisti della cricca dei dottori televisivi superstar che da ormai un anno popolano in modo immarcescibile la televisione italiana. Con tono ieratico come si conviene ai depositari di un sapere iniziatico, ha altresì chiarito che il virus è ormai a tal punto radicato da essere di fatto non debellabile.

Sicché, questo il punto, dobbiamo convivere con il virus senza speranza di potercene in qualche maniera liberare.

Non ci stupiamo più di tanto di una siffatta tesi, che va a confermare il quadro già più volte lumeggiato della cosiddetta pandemia infinita. Con sintesi estrema, come più volte ho ricordato, la pandemia non finirà, poiché non deve finire, essendo essa la base che rende possibile il persistere della nuova razionalità emergenziale fondativa della civiltà pandemico-sanitaria del Leviatano terapeutico.

In effetti, è ormai da un anno che procede indefessamente questo ordine discorsivo, con il quale si educano le masse nazionali-popolari all’idea che rispetto alla nuova normalità subentrata con l’emergenza epidemiologica non si tornerà indietro: non si potrà cioè fare ritorno alla vecchia normalità pre-Covid.

Così si spiega oltretutto lo storytelling martellante che senza posa e in ogni canale possibile va ribadendo che la pandemia non finirà e che nuove e più letali pandemie sono all’orizzonte.

Lo ha detto già a maggio del 2020 l’OMS, precisando che probabilmente il coronavirus non se ne andrà mai più. Lo ha affermato anche l’ONU, precisando che nuove e più letali pandemie sono destinate a sopraggiungere. In questa cornice di senso si iscrivono anche le parole della vestale del liberismo targato Bruxelles, Ursula von der Leyen, la quale, come se fosse la cosa più ovvia e normale del mondo, ha detto che “l’Europa è entrata nell’era delle pandemie”.

Tutti questi esempi, ai quali se ne potrebbero agevolmente affiancare numerosi altri, dimostrano ciò che da tempo andiamo sostenendo: vale a dire che il nuovo paradigma di governo delle cose e delle persone si basa sulla crisi e sull’emergenza per far valere una corrispondente razionalità politica che ho definito biosecuritaria: per garantire la sicurezza della vita al tempo dell’ emergenza epidemiologica bisogna essere disposti a sospendere le libertà e i diritti, fintantoché vi sarà l’emergenza. Se poi l’emergenza non passa e anzi si stabilizza in una nuova normalità, ne segue allora che le stesse misure dell’emergenza, tra cui appunto la sospensione dei diritti e delle libertà, si mutano in nuova normalità.

Non deve sfuggire come perlopiù a essere ambasciatori di questa nuova visione siano i medici, gli infettivologi, gli epidemiologi, i virologi: se trasmessa dal camice bianco, la nuova visione può apparire meglio credibile, perché legata appunto a motivazioni obiettive e scientificamente fondate.

Per questo, diventa più che mai importante saper distinguere la scienza e la medicina, nella loro funzione fondamentale e imprescindibile. Abbiamo bisogno della scienza della medicina, proprio come dobbiamo combattere l’ideologia medico-scientifica.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro