Non solo Totò Riina e Cosa Nostra: dietro il delitto di Capaci e le stragi di Bologna e Via D’Amelio spuntano nuovi collaboratori già noti alle pagine più buie della storia italiana. Collaboratori che alla luce delle nuove indagini divengono a tutti gli effetti carnefici; persone che non hanno detonato la bomba da 500 kg di tritolo che uccise tragicamente il magistrato antimafia Giovanni Falcone, ma che si sono servite dell’arma forse più potente mai creata: il denaro.

Finanziatori della strage a tutti gli effetti, coloro che avrebbero reso possibile il triste epilogo dell’autostrada A29 nei pressi di Capaci, oltre ai medesimi attentati di stampo terroristico-mafioso alla stazione ferroviaria di Bologna Centrale e all’altezza del civico 21 di via Mariano D’Amelio a Palermo, nel quale persero la vita il magistrato italiano Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta Agostino Catalano.

I nuovi dettagli emersi verranno svelati nei primi giorni dell’anno venturo dalla trasmissione di Rai 3 “Report”, ma il conduttore Sigfrido Ranucci ha voluto svelarci di più a ‘Un Giorno Speciale’.
Ecco le sue anticipazioni.

Stragi terroristiche, spunta una società collegata al “gran maestro” della P2

Sarà una puntata storica di Report: parleremo della trattativa Stato-mafia come nessuno l’ha mai raccontata finora.
ripercorreremo tutte le vicende giudiziarie con testimonianze inedite di Martelli, Contrada, Di Matteo, i testimoni di giustizia, quegli investigatori che hanno guidato l’infiltrazione per la prima volta all’interno di Cosa Nostra. Si stava facendo una trattativa con più livelli dello Stato.

In base alle nuove risultanze investigative c’è un filo nero che lega le stragi di Bologna a quelle di Capaci e di Via D’Amelio. E’ emersa una nuova società che ha finanziato queste stragi, una società che faceva riferimento a Licio Gelli, pensa un po’, e Umberto Ortolani.

Il ruolo dello Stato nella brutale uccisione di Luigi Ilardo

Me n’ero già occupato nel 2009, avevo scritto un libro, “Il Partito del Patto”, parlando di un’infiltrazione del boss Luigi Ilardo che era entrato proprio nella fase in cui la trattativa si stava svolgendo. Era pronto a testimoniare e a raccontare il ruolo dei servizi segreti tediati nelle stragi, e aveva cominciato a collaborare ufficialmente con lo Stato. Era stata decisa una data di verbalizzazione delle sue confessioni: doveva testimoniare il lunedì seguente.
Il venerdì torna a casa a Catania e viene ucciso da una squadra di killer gestita da un signore che (unico nella storia) era stato condannato all’ergastolo e lo scontava agli arresti domiciliari“.