Quando gira tutto bene il merito non può essere solo del destino. Non è per caso che il Milan si ritrova primo in Serie A con commenti forse troppo irriverenti e ora in capo anche al girone di Europa League, coi sedicesimi portati a casa.
Non è un caso che abbia prevalso sul Celtic di Glasgow per 4-2 dopo un inizio tremendo segnato da un blackout aggravato non poco dall’infortunio di Kjaer, per il quale ci si augura un rientro più che repentino.

Non è un caso che il dio destino l’abbia fatta sporca agli scozzesi stasera, perché quando di mezzo ci si mette un predestinato in gran giornata che si fa pure chiamare “il figlio di Odino” deve essere dura per chiunque.
Jens Petter Hauge aveva stregato Maldini quella sera in cui a San Siro proprio il norvegese trafisse Donnarumma con la maglia del Bodø/Glimt: incantare uno che nella sua carriera è stato incantato da ben pochi attaccanti è più che un segno del destino.

Destino che questa sera va a fare cassa ai danni del Celtic al 50′, quando con un’azione impressionante per velocità e tecnica Jens Petter Hauge sigla un 3-2 da veterano.

Palleggio, precisione e dribbling sullo stretto: quando gli scozzesi di Neil Lennon sembravano in procinto di premere per l’assalto finale per rendere vani i gol di Chalhanoglu e Castillejo, la decide sempre l’ex giocatore di calcio a 5 servendo un assist che ha ben più maturità dei suoi 21 anni. Brahim Diaz non può che trafiggere Barkas e segnare la fine di una partita cominciata male, ma terminata con la personalità della grande squadra.

Hauge si va dunque ad aggiungere alle colonne portanti di quest’inizio col botto: Chalhannoglu, Theo Hernandez, Kjaer e Ibra ci sperano.
E chissà che il “Dio di Milano” non possa trasmettere le stigmate del campione al figlio di Odino (senza voler essere blasfemi).