Le ultime riguardo al Coronavirus dicono che i contagi sono in rialzo, così si denota dai dati del bollettino. Il Premier Giuseppe Conte ha perciò deciso di lanciare una nuova fase che prevede però la proroga dello stato di emergenza al 31 gennaio. L’Italia si spacca di nuovo in due sulle opinioni al riguardo e il dibattito pubblico si fa sempre più acceso: le restrizioni eccedono il reale stato di emergenza? Oppure è necessario fare di tutto pur di ridurre nuovamente quel numero sui bollettini?

Appartengono al primo dei due filoni i manifestanti che sabato 10 ottobre a Roma si presenteranno a quella che è stata battezzata la Marcia della Liberazione, una manifestazione da poco annunciata ma che ha già fatto molto parlare di sé.

Le nuove (o vecchie) restrizioni sono adatte alla situazione attuale? I contagi stanno aumentando e con essi anche i ricoveri? Oppure i dati vanno guardati in modo diverso?

Il Prof. Massimo Andreoni, Direttore della UOC Malattie Infettive al Policlinico Tor Vergata di Roma, ha risposto a queste e ad altre domande durante l’intervista fatta da Stefano Molinari e Luigia Luciani. Ecco il suo intervento a “Lavori in corso”.

La Marcia della Liberazione e le nuove misure

“Almeno alcune cose per fronteggiare l’emergenza dovremmo averle capite: uso delle mascherine e distanziamento sono necessari, e su questo credo che tutti dovremmo essere d’accordo. Evidentemente stanno accadendo delle cose che richiedono misure drastiche.

Io credo che stiamo in questa situazione: non sono state seguite le precedenti misure e quindi anche all’aperto ora dobbiamo mantenere la mascherina. Dobbiamo avere misure ancora più decise, più drastiche e sono d’accordo sull’uso della mascherina.

Manifestare in questo momento credo sia un momento di scelleratezza. Mettersi in condizione di stare a stretto contatto uno con l’altro… forse serve a giustificare il perché si è detto di mettere la mascherina anche all’aperto”.

Perchè le regioni Lazio, Campania e Lombardia sono le più a rischio?

“Nel mio ospedale abbiamo aperto un primo reparto e dopo una settimana il secondo. Oggi stiamo aprendo il terzo. Abbiamo selezionato tra i positivi quelli che stanno male e si devono ricoverare e quelli che devono andare in terapia intensiva. Questa è la realtà dei fatti, la situazione si sta aggravando ovunque. E’ un momento critico, bisogna mettere delle misure un po’ più rigide. Per tenere sotto controllo questa epidemia serve un controllo generale, magari con dei piccoli lockdown locali per gestire la situazione.

Per quanto riguarda la diagnostica, la verità è che non è che non si vogliono utilizzare i test rapidi, è che sono poco affidabili. Poi è ovvio se un test rapido permette di gestire diecimila persone, anche se perde qualcosa in sensibilità, è meglio di un test classico che te ne permette di esaminare anche mille ma oggettivamente sulla diagnostica non abbiamo fatto passi avanti”.


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