Vapori azzurri, molto fumo ma anche tanta voglia di un calcio che non si vedeva da tempo, corsa e idee.

Però. Però il gioco del football prevede, tra le altre mille cose, il tiro in porta. Anzi, direi che sia la cosa più importante, perché senza gol non si vince e almeno provarci è un dovere, oltre che un diritto.

L’Italia ha giocato un buon football, di manovra, reattivo in tutte le zone, innescato dalle idee di Verratti, in chiara evoluzione, e di Pellegrini, centrocampista totale, libero di muoversi senza particolari assilli tattici. Ma come ho detto questa squadra nostra non tira in porta e se lo fa ha la lingua penzoloni, va troppo di fretta e sbaglia occasioni elementari con Chiesa e lo stesso Pellegrini.

Inutile Belotti ma soprattutto perché mai messo nelle condizioni di scaricare la sua corsa rabbiosa ma invischiato nel tunnel di passaggi dei suoi sodali, l’ammonizione per lui diffidato lo toglie, per fortuna, di mezzo contro l’Olanda.

Male anche Chiesa che gioca per sé e mai per la squadra, Mancini lo ha richiamato inserendo Kean, una bocciatura del neojuventino per fare posto a un ex bianconero.

Nulla si può rimproverare alla prima frazione del gruppo di Mancini, la difesa non si è mai slabbrata e Bonucci ha fatto il marcatore cosa che non gli compete da anni, ben lavorando su Lewandowski, consentendo ad Acerbi una certa tranquillità. Stesso film nella ripresa, azzurri anche stanchi in Barella e Jorginho troppo imprecisi, polacchi scarsi in molti uomini.

Una nota sul terreno del campo di Danzica, Boniek in tribuna come presidente della federazione non può accettare che si giochi su un prato di patate con rischi di infortuni oltre che di errori tecnici.

Tony Damascelli


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