La polemica attorno al caso del magistrato Nino Di Matteo e il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede continua. Il magistrato aveva accusato a ‘Non è l’Arena’ Bonafede di avergli negato un importante incarico a capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria nel 2018 a causa, secondo Di Matteo, di alcune pressioni ricevute da boss mafiosi. Accusa rivolta due anni dopo il fatto e che ha diviso il Movimento 5 Stelle, partito politico di cui Bonafede è uno dei leader e Di Matteo grande sostenitore.

L’ultima puntata di “Non è l’Arena” ha rispolverato il fattaccio: la trasmissione ha visto Gaetano Pedullà, Direttore de La Notizia, accusare il conduttore Massimo Giletti di “aiutare le cosche mafiose”, dato il suo ruolo di artefice indiretto delle tensioni tra Di Matteo e Bonafede, con preferenza per il primo.

Un faccia a faccia rusticano che ha visto i due parlarsi con una tensione pronta a esplodere in prima serata, ma che alla fine si è distesa nel corso della trasmissione.
Le ragioni reciproche però sono tutt’altro che chiarite: per questo dopo aver chiamato in causa Massimo Giletti, a “Un Giorno Speciale” Francesco Vergovich intervista proprio Gaetano Pedullà.

“Il ministro Bonafede ha spiegato in Parlamento e anche attraverso varie interviste che, nella sua idea di neoministro, ha avuto in mente un gruppo di lavoro nel quale contavano poco le medagliette o le poltrone. Lui immaginava di avere accanto Di Matteo come consulente, con cui ragionare insieme e preparare i provvedimenti necessari per aumentare il contrasto alla mafia. Dentro questa idea però Di Matteo voleva lo specifico incarico della poltrona.

Mettere contro Di Matteo e Bonafede è un errore assoluto. Ho esortato il dott. Giletti a organizzare un incontro tra Di Matteo e Bonafede per ricompattare un fronte. Dato che siamo dalla stessa parte della barricata, continuare a riproporre quel racconto è un errore. Questa è la mia critica a Giletti.
Continuare a riproporre gli elementi centrali delle istituzioni come il Ministro della Giustizia, il Magistrato più scortato di Italia, portavoce del M5S e a cui appartiene anche Bonafede, manda un segnale che le mafie aspettano con ansia. Quando un’esponente delle istituzioni è isolato e al centro delle polemiche è più debole, le mafie sono più forti e possono attaccarlo.

Quando non ci sono gli scontri vuol dire che la mafia ha trovato degli equilibri, un punto di convivenza con le istituzioni, ed è il momento in cui bisogna alzare la guardia non tenersi sugli allori, per questo credo sia un errore fatale creare divisioni nel fronte del bene”.


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