Tutto il paese si stringe intorno alla vicenda di Colleferro; l’uccisione di Willy e la ricerca della verità alimentano il dibattito pubblico e degli inquirenti. Dichiarazioni, avvocati, amici e parenti della vittima e dei presunti colpevoli stanno finendo su tutti i giornali, per fare e chiedere giustizia.

Il Prof. Paolo Crepet, psicologo e psichiatra, è intervenuto a Lavori in Corso sull’accaduto, analizzando i significati dietro il brutale omicidio. Ha spiegato come una società e una cultura violente producano fatti del genere, spesso ignorati anche dalla politica.

“Se sono stupito da questa vicenda tragica? Io mi occupo di queste cose da qualche decennio, non sono stupito, chi si stupisce o è in malafede o vive su un altro pianeta. Pochi anni fa c’è stata la stessa cosa in provincia di Roma dove un ragazzo è stato ucciso con le mazze da baseball. L’educazione all’odio c’è, la violenza c’è, la cultura che colpisce la diversità c’è… chi la nega fa il gioco della violenza; è il momento di un risorgimento dell’etica e della morale. Se qualcuno ci vede un bacino elettorale ne risponderà la sua coscienza, l’ipocrisia va bene a dieci anni, da adulti è un difetto e una grande ‘paraculata’.

Il rischio è che si cambi pagina frettolosamente, che diventi una querelle tra avvocati e che le cose si prolunghino e che qualcuno di questi signori venga messo agli arresti domiciliari e continui la sua vita. L’omicidio preterintenzionale è poca cosa, non credo che sia così. Ci sono delle persone che hanno visto, speriamo che la cultura omertosa non sia arrivata in tutto il paese.

Penso che si dovrebbero proibire certe forme di arti marziali, di sport che vengono da paesi lontani da cui prendere lezione di civiltà sarebbe un po’ troppo perché è un’educazione alla violenza, che c’è ovunque, nei film, in tv…

“È una metafora della società violenta che c’è dietro”

Faccio una domanda: se il ragazzo morto fosse stato il figlio di un noto magistrato – invece che di origini capoverdiane – cosa sarebbe successo? Penso che le cose sarebbero diverse. Alcuni hanno detto che in fin dei conti era solo un immigrato. Dietro al figlio di un magistrato ci sarebbe un grande avvocato, di quelli che costano, qua siamo di fronte a una famiglia che non può coprire certi costi. La giustizia non è uguale per tutti, è una grande ipocrisia.

Quando ero giovane io, i miei genitori non mi avrebbero mai coperto per una multa o un incidente, non c’era questa cultura della superbia del figlio che ha sempre ragione. Questo rientra nella cultura dell’odio. Quello che è successo dobbiamo utilizzarlo come metafora e non come fatto di cronaca, il problema è che è una metafora della società violenta che c’è dietro. Siamo per certi versi con la testa nel 2050 e con i piedi nel medioevo“.

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